C’è il rischio che “barconi pieni di terroristi” arrivino sulle coste italiane. Lo ha detto l’ambasciatore d’Egitto a Londra, Nasser Kamel, sottolineando che è necessario agire il più in fretta possibile per fermare l’avanzata dell’Isis in Libia. “Sirte è a soli trecento chilometri dall’Italia”, ha aggiunto. Intanto il Cairo continua a contrastare Isis e dopo i raid aerei di ieri ha compiuto una incursione di terra a Derna, la città conquistata dall’Isis nell’est della Libia. Martedì 17 febbraio alcuni media egiziani e uno saudita avevano riferito che, dopo i raid aerei, l’Egitto stava prendendo in considerazione attacchi di terra. In particolare era stata evocata la “task force 999“, un’unità speciale per operazioni internazionali, da inviare in coordinamento con le forze di sicurezza libiche. Un blitz di terra sarebbe stato lanciato a Derna: il bilancio dell’operazione è stato, secondo fonti libiche ed egiziane, di “155 combattenti dell’Isis uccisi e 55 catturati“. Oggi il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, alla Camera ha spiegato che l’Italia intende seguire la via di una “soluzione politica”.
L’Egitto non chiederà l’intervento militare dell’Onu
L’Egitto ha rinunciato a chiedere alle Nazioni Unite una missione militare contro gli jihadisti dello Stato islamico in Libia. Lo ha precisato il ministero degli Esteri, in un comunicato relativo all’imminente riunione del Consiglio di Sicurezza Onu. Nella bozza di risoluzione che i paesi arabi presenteranno tramite la Giordania (membro non permanente del Consiglio di Sicurezza) “non c’è alcuna richiesta di intervento militare straniero”, precisa il comunicato.
L’aspettativa del Cairo in merito a un intervento internazionale in Libia era emersa dopo che, all’inizio della settimana, l’Is ha diffuso un video che mostra la decapitazione di 21 copti egiziani nel paese vicino. Da allora, l’Egitto ha eseguito alcuni raid aerei su postazioni dei jihadisti in Libia.
Ieri il Cairo ha bombardato le postazioni Isis in Libia
L’Egitto ieri ha continuato a bombardare le postazioni dell’Isis in Libia e ha esortato la comunità internazionale ad unirsi alla sua campagna aerea, estendendo al Nordafrica i raid contro lo Stato islamico in Siria e Iraq. Ma in serata, dopo una telefonata tra Renzi e Hollande nella quale si è ribadita la piena identità di vedute sulla centralità di una “iniziativa diplomatica” in ambito Onu, e alla vigilia di una riunione del Consiglio di Sicurezza, l’Occidente si è mostrato mostra unito su una soluzione “politica” del conflitto. Il tutto mentre – secondo al Jazeera – le milizie di Misurata, vicine al governo islamista di Tripoli non riconosciuto dalla comunità internazionale, avrebbero conquistato Sirte, la città occupata di recente dallo Stato islamico, per liberarla dai jihadisti.
Il presidente egiziano Al-Sisi: “Minaccia jihadisti colpisce tutto il Mediterraneo”
“Quattro mesi fa mi sono incontrato con il presidente francese e gli ho detto che occorreva prestare grande attenzione, che quanto stava accadendo in Libia avrebbe trasformato questo Paese in una minaccia terroristica per tutta la regione, non soltanto per l’Egitto, ma anche per il bacino del Mediterraneo e per l’Europa”, dice in un’intervista a Europe 1, riportata da Repubblica, Abdel Fattah Al Sisi, capo dello Stato egiziano. “È indispensabile pertanto affrontare il problema, perché la missione non è stata portata a termine dai nostri amici europei – aggiunge -. Noi abbiamo abbandonato il popolo libico alla mercé delle milizie estremiste”.
“Dobbiamo puntellare la legalità e sostenere il popolo nelle sue scelte. Il Parlamento eletto è l’espressione del popolo, come l’esercito nazionale libico e il governo libico. Le milizie che intendono aderire dovranno consegnare le loro armi e dovranno lavorare nel rispetto della legalità”. Inoltre “bisogna togliere l’embargo sulle armi destinate all’esercito libico per consentirgli di difendere il suo popolo, il suo Paese e le sue scelte”. Al Sisi chiede una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché una coalizione intervenga in Libia, “non ci sono alternative”.
Il premier libico: “Terroristi vicini al confine tunisino”
Il premier libico Abdallah Al Thani ha detto alla radio tunisina Express Fm che membri dell’Isis e di Boko Haram hanno raggiunto o stanno raggiungendo i gruppi terroristici presenti in Libia e ha precisato che questi ultimi si starebbero avvicinando al confine con la Tunisia. Al Thani ha affermato che gli attacchi aerei su postazioni Isis in Libia sono state eseguite con l’approvazione del governo libico e che il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha rifiutato di fornire armi allo Stato libico per la sua lotta contro il terrorismo.
Intanto, la Tunisia ha dispiegato lungo il confine di terra e di mare con la Libia unità dell’esercito, rafforzate da unità della Guardia nazionale e della Dogana, per difendersi da “eventuali minacce contro l’integrità territoriale del Paese” ed “impedire ogni tentativo di infiltrazione da parte di terroristi”, ha detto il colonnello Belhassen Oueslati, portavoce del ministero della Difesa. Le forze armate tunisine possono contare su 27mila uomini dell’esercito, 4.000 dell’Aviazione e 4.500 di Marina.