Sì a una risoluzione, no all’intervento militare in Libia. E’ questo, in sintesi, il senso della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che si è tenuta ieri (nella nottata italiana) al Palazzo di Vetro sulla crisi in atto nel Paese nordafricano alla luce dell’avanzata degli jihadisti dello Stato Islamico. L’Italia si è candidata al ruolo di guida nella stabilizzazione, mentre l’Egitto ha chiesto che venga almeno revocato l’embargo sulle armi per il governo di Tripoli. L’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino Leon, ha auspicato che un accordo politico possa essere raggiunto “presto”, perché divergenze tra le parti in Libia “non sono insormontabili”. L’Egitto, da parte sua, ha rinunciato a chiedere un intervento militare internazionale nel paese, dove all’inizio della settimana i fondamentalisti hanno decapitato 21 suoi cittadini di fede copta.
Dopo un dibattito interno nel corso del quale il ministro degli Esteri Gentiloni e quello della Difesa Pinotti avevano ventilato la possibilità di un intervento militare, l’Italia si è detta determinata a contribuire alla stabilizzazione della Libia attraverso il dialogo sponsorizzato dalle Nazioni Unite ed è pronta ad assumere un ruolo guida nella cornice dell’iniziativa Onu. A ribadire nel Consiglio di Sicurezza la linea detta al governo dal premier Matteo Renzi è stato il rappresentante permanente italiano Sebastiano Cardi. “Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all’addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture”, ha detto Cardi. Secondo l’Italia “le prossime settimane saranno cruciali per il futuro della Libia”, fermo restando il fatto che “serve un cambio di marcia della comunità internazionale prima che sia troppo tardi”. Ecco perché l’Italia ha forti aspettative sul rinnovo del mandato Unsmil: la missione Onu per la stabilizzazione della Libia “deve ricevere mandato, mezzi e risorse per accelerare il dialogo politico, stabilizzare e assistere in una nuova riconciliazione il nuovo governo di unità nazionale della Libia”.
Il ministro degli Esteri libico, Mohammed al-Dairi, capo della diplomazia del governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha chiesto alle Nazioni Unite di rimuovere l’embargo sulla vendita di armi al suo governo. Al Dairi ha sottolineato che la Libia non chiede un intervento militare straniero, ma che la comunità internazionale “ha il dovere giuridico e morale di dare sostegno urgente” al paese. “Se non riusciremo ad avere armi – ha affermato – questo può solo fare il gioco degli estremisti. La Libia necessita di una posizione decisa da parte della comunità internazionale, perché possa aiutarci ad addestrare il nostro esercito nazionale, e questo passa solo attraverso la rimozione dell’embargo alle armi, in modo che il nostro esercito possa ricevere materiale e armamenti per fronteggiare il terrorismo che avanza”.
Agendo per conto delle nazioni arabe, nella tarda serata di New York la Giordania ha fatto circolare un progetto di risoluzione per chiedere la fine all’embargo sulle armi contro il governo “legittimo” e la direzione di un Comitato del Consiglio allo scopo di individuare le modalità per tagliare le forniture di armi alle milizie. Il Cairo aveva in precedenza proposto un blocco navale per impedire che le armi finissero nelle mani degli jihadisti. Il progetto di risoluzione “sottolinea la necessità di fornire sostegno e assistenza alle autorità legittime in Libia, in particolar modo fornendo il governo libico con l’assistenza necessaria sicurezza.” Fonti diplomatiche hanno fatto sapere che i negoziati sul progetto di testo sono stati programmati per venerdì, ma nessuna data è stata fissata per il voto.
In videoconferenza con il consiglio di sicurezza ha parlato anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite Bernardino Leon che ha spiegato come l’Isis in Libia ha trovato terreno fertile nell’instabilità del Paese, ma il dialogo politico sta facendo progressi. Prudentemente ottimista, Leon ha auspicato che un accordo politico possa essere raggiunto “presto”. Le divergenze tra le parti in Libia “non sono insormontabili”. Secondo Leon il terrorismo in Libia può esser sconfitto solo da un governo di unità nazionale con il forte sostegno della comunità internazionale. Secondo l’inviato, il terrorismo in Libia può esser sconfitto solo da un governo di unità nazionale con il forte sostegno della comunità internazionale.
Dal punto di vista più operativo il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry in Consiglio di sicurezza si è unito alla richiesta del governo libico di Tobruk per la fine dell’embargo delle armi e ha aggiunto quella di un blocco navale per impedire che spedizioni navali di armi arrivino in aree fuori dal controllo delle autorità libiche legittime.