La presidente De Biasi (Pd): "Casi analoghi non si dovranno ripetere più". La senatrice a vita Cattaneo ribadisce: "E' stata una frode, senza valore scientifico, un abuso verso i malati, ma il Paese aveva competenze e strumenti per bloccare tutto"
Il via libera alla sperimentazione del metodo Stamina – basato sull’utilizzo di cellule staminali per il trattamento di malattie neurodegenerative soprattutto nei bambini – fu un “errore del Parlamento”. La presentazione delle conclusioni dell’indagine della commissione Sanità del Senato sulla vicenda un anno fa, è segnata ora dall’ammissione di responsabilità da parte della presidente della commissione, Emilia Grazia De Biasi (Pd): “Il punto – ha affermato – è che casi analoghi non si dovranno ripetere mai più in Italia”.
Per questo – in un anno di lavoro che ha contato 16 sedute plenarie e 20 audizioni – la commissione ha prodotto una relazione di 122 pagine in cui ricostruisce “origine e sviluppo del cosiddetto caso Stamina” ed in cui, soprattutto, avanza 10 proposte “al fine di evitare che in futuro possa nuovamente ripetersi lo scenario al quale abbiamo assistito”. Il primo punto è quello di avviare proposte legislative in merito ai provvedimenti giudiziari sui trattamenti non provati: la proposta è di prevedere che ministero della Salute e pm siano legittimati ad essere presenti in sede dei giudizi civili d’urgenza o ordinari per la richiesta di terapie non provate scientificamente al fine di concorrere alla valutazione complessiva, con diritto di impugnazione da parte del pm.
Ma i commissari propongono anche l’abrogazione parziale del decreto Balduzzi del 2013 che autorizzava il proseguimento del protocollo Stamina per i malati che lo avessero iniziato e la sperimentazione del metodo, la revisione del decreto Turco-Fazio sulle cure compassionevoli, l’attuazione del regolamento europeo sui medicinali, la creazione di una rete territoriale di assistenza per i malati, iniziative di comunicazione istituzionale, l’adozione di linee guida per rafforzare le tutela dei minori nel sistema dei media, linee guida relative all’informazione pubblica in ambito medico e il rafforzamento dell’indipendenza dei comitati etici. Altra proposta è infine introdurre una regolamentazione della figura del consulente tecnico in ambito giudiziario. Duro il giudizio di De Biasi: sul caso Stamina “non si può continuare a negare che ci sia stato un errore. Su questa base credo che la cosa migliore sia quella di rivedere il voto. Le leggi vanno adeguate e solo i cretini non cambiano idea”. Forte, afferma inoltre, “è stata la pressione mediatica sulla commissione, oggetto anche di insulti e minacce, ma siamo andati avanti”.
Stamina, ribadisce la senatrice a vita Elena Cattaneo, è “stata una frode, senza valore scientifico, un abuso verso i malati, ma in realtà il Paese aveva le competenze e gli strumenti per poter bloccare tutto questo”. E intanto, mentre è in corso a Torino il processo che lo vede imputato per la vicenda, il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, replica affermando che il “vero errore del Parlamento è aver messo in piedi una farsa perché in realtà non si è mai voluta fare una sperimentazione vera del metodo”. Il suo vice Marino Andolina, però, afferma che “l’esperienza Stamina è ormai morta” e chiede anche lui, dopo Vannoni, il patteggiamento. Una vicenda, che pare avviarsi ora alla conclusione, definita una ”sconfitta della Medicina” dal direttore dell’Agenzia italiana del farmaco Luca Pani, ma che viene ‘ricontestualizzata’ dall’ex ministro della Salute Renato Balduzzi, ‘padre’ del decreto per la sperimentazione del metodo: “In quel momento fu un gesto di responsabilità intervenire in quel modo, data l’alta tensione che si era creata”.