Si avvicina il compromesso tra la lobby degli istituti e le istanze riformatrici. Termine per gli emendamenti il 26 febbraio, voto in commissione tra il 2 e il 6 marzo e approdo in aula tra il 9 e il 13
“Banca Etruria è stata commissariata per ragioni di gestione dei suoi bilanci. Nego ogni correlazione tra l’approvazione del decreto sulle banche popolari e gli eventi sia di Banca Etruria che le indagini della Consob e della magistratura”. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in un’intervista all’Espresso è così tornato sul dibattuto tema della riforma delle banche popolari in queste settimane travolte da una nuova ondata di scandali. “La riforma attende da più di venti anni, ma non è mai stata fatta. A chi critica il provvedimento rispondo che continuo a pensare di avere ragione”, ha aggiunto.
Nelle stesse ore in cui venivano di diffuse le parole del ministro, che ha anche caldeggiato un’autoriforma delle banche di credito cooperativo, l’Assopopolari presentava con toni duri e allarmistici la sua relazione all’audizione alla Camera sul dl banche e investimenti ribadendo i timori circa l’arrivo di speculatori stranieri interessati a mettere le mani sul risparmio degli italiani e di una stretta sul credito alle pmi. E questo nonostante i casi di istituti come Ubi, la Bpm di Massimo Ponzellini rinviato a giudizio proprio giovedì 19 e, da ultimo, Veneto Banca, abbiano messo in luce situazioni piuttosto critiche tanto da sfociare in corpose inchieste giudiziarie.
La soluzione di compromesso che si profila è quella che passa per l’introduzione di una misura anti scalata: un limite al diritto di voto, fra il 3 e il 5% da inserire negli statuti delle popolari trasformate in spa, già approvato con riserva dalla Banca d’Italia. A mediare Piero Giarda, ora presidente consiglio sorveglianza Bpm, che ha invitato parlamentari a ponderare bene le loro scelte, magari dopo un seminario alla Madonna di Loreto che “li ispiri”. E ha battuto sul tasto della territorialità delle popolari e del loro legame col sistema produttivo delle pmi. Lo stesso, per altro, che è alla base della fragilità del sistema nei casi in cui vengono alla luce episodi di radicata mala gestio.
La retorica, però, ha fatto breccia tra i parlamentari con il relatore Marco Causi (Pd) che ha confermato la presentazione di un emendamento sul limite del diritto di voto. Un correttivo che la Banca d’Italia aveva, nella sua audizione, ammesso purché fosse rimuovibile in caso di necessità di raccogliere capitali in fretta e temporaneo per gestire la transizione bocciando altre misure che snaturino la riforma prima fra tutte il mantenimento del voto capitario. Con un tetto ai diritto di voto, è stato il ragionamento, le banche popolari potrebbero consolidarsi fra loro raggiungendo una massa critica difficile da scalare. Prima di tutto però servono appunto norme che mantengano, almeno nella fase iniziale, la public company evitando il passaggio del controllo per decreto. La scadenza della presentazione degli emendamenti è in ogni caso fissata al 26 febbraio, mentre il voto in commissione è atteso tra il 2 e il 6 marzo e l’approdo in aula nella settimana tra il 9 e il 13.