Il Tribunale di Roma ha annullato la delibera con cui i garanti del partito hanno espulso l'ex tesoriere della Margherita: "L'esclusione dal partito" fu "comminata senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza consentire all'interessato alcuna possibilità di interloquire al riguardo". L'ex senatore è stato condannato a 8 anni il 2 maggio 2014 per essersi appropriato di oltre 25 milioni di euro di fondi
Ci sarebbe stato un errore procedurale alla base dell’espulsione di Luigi Lusi dal Partito Democratico. Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, che ha annullato la delibera con la quale i garanti del partito hanno espulso l’ex tesoriere della Margherita. Il giudice Stefano Cardinali ha accolto un’istanza dei legali chiarendo – nel dispositivo – che “l’esclusione dal partito, comminata senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza consentire all’interessato alcuna possibilità di interloquire al riguardo deve considerarsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano la libertà di associazione e il metodo democratico cui devono ispirarsi le associazioni partitiche che concorrono a determinare la politica nazionale, con conseguente invalidità della delibera di espulsione oggetto della presente impugnazione che, pertanto, deve essere annullata”.
Il 2 maggio 2014 lo stesso Tribunale di Roma aveva condannato l’ex senatore a otto anni di reclusione per essersi appropriato di oltre 25 milioni di euro di fondi destinati al partito. Condanne anche per i commercialisti Mario Montecchia (a tre anni e 6 mesi) e Giovanni Sebastio (a due anni e 8 mesi). Un anno e 2 mesi per l’ex collaboratrice Diana Ferri, per la quale la procura aveva chiesto l’assoluzione. Con una sentenza del 30 dicembre 2014, poi, la Corte dei Conti, aveva dichiarato la responsabilità piena del senatore, condannandolo a pagare il risarcimento di 22 milioni e 810 mila euro.
Il 6 febbraio 2012 Lusi era stato dichiarato all’unanimità incompatibile con il Pd e i garanti del partito avevano adottato la massima sanzione prevista che è la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti. I garanti definivano ”molto gravi” i reati contestati all’ex tesoriere della Margherita che ”ha una grave responsabilità non da lui contestata ma ammessa”. L’appropriazione indebita all’ex Margherita, secondo i garanti, ”ha causato un grave danno al Pd e preoccupato l’opinione pubblica”. Da qui la decisione di adottare la sanzione piu’ grave che è la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti perché, spiegava il presidente del Comitato di garanzia Luigi Berlinguer, ”l’espulsione non è una sanzione piu’ prevista negli statuti dei partiti ma concettualmente la nostra decisione è la stessa”.