Sulle prime sembrava un segnale di schiarita. Invece i contenuti della richiesta di proroga degli aiuti presentata giovedì mattina da Atene all’Eurogruppo hanno provocato l’immediato niet di Berlino. E a poco sono valse le prese di posizione della Commissione e del Parlamento Ue, che hanno gettato acqua sul fuoco: si torna alla casella di partenza, o quasi.
Giovedì mattina il governo di Alexis Tsipras, come comunicato via Twitter dal presidente del consiglio dei ministri dell’Economia dell’Eurozona Jeroen Dijsselbloem, ha inviato a Bruxelles una lettera in cui chiede l’estensione per 6 mesi del programma di assistenza finanziaria in scadenza il 28 febbraio. E venerdì alle 15 è convocata a Bruxelles una nuova riunione dell’Eurogruppo per discutere della proposta, dopo il fallimento di quella di lunedì scorso. Ma, appunto, la cancelleria di Angela Merkel ha subito fatto sapere che le condizioni chieste dall’esecutivo a guida Syriza – in sostanza stop alle misure di austerity – sono inaccettabili. “La lettera di Atene non presenta alcuna proposta di soluzione sostanziale“, ha detto all’agenzia Dpa Martin Jaeger, portavoce del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble. “Lo scritto non corrisponde ai criteri stabiliti nell’Eurogruppo di lunedì”. Poco dopo il vice cancelliere Sigmar Gabriel ha sentenziato, lapidario: “La proposta greca sia finanziata dai greci stessi”. Come dire che dalla Repubblica federale altri soldi non arriveranno. Una reazione che ha “sorpreso” il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz, secondo cui “la lettera mostra che la Grecia si è mossa parecchio” e “rinuncia a molte cose che fino all’altro ieri erano indicate come ‘non trattabili'”.
L’esecutivo Tsipras vuole più tempo per “negoziare senza ricatti” – Tant’è. Quello che il portavoce del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker aveva commentato a caldo come “segno positivo che spiana la strada a un compromesso ragionevole nell’interesse di tutta l’Eurozona” è stato interpretato, dalle parti di Berlino, come una provocazione. Ma che cosa c’è scritto nella missiva? Il governo Tsipras chiede sì ai partner europei “l’estensione del Master financial assistance facility agreement“, l’attuale programma di prestiti. Ma senza l’annesso memorandum e le politiche di austerità concordate dai precedenti esecutivi con la troika, il trio dei creditori formato da Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale, che nel complesso hanno concesso al Paese oltre 240 miliardi di euro di aiuti.
Il Paese promette di impegnarsi “all’equilibrio dei conti e, contemporaneamente, a fare le riforme contro l’evasione fiscale e la corruzione” e di astenersi da “azioni unilaterali che minerebbero il raggiungimento degli obiettivi fiscali”. E accetta pure che a monitorare il tutto siano Ue, Bce e Fmi, pur indicati come “istituzioni” e mai come troika, visto che come è noto il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis e Tsipras non la riconoscono i “tecnocrati” della triade come interlocutori. Ma ricorda poi che “le procedure di accordo dei governi precedenti sono state interrotte dalle recenti elezioni” e, “di conseguenza, molte delle disposizioni tecniche sono state invalidate“. Non solo: scopo della richiesta di estensione di sei mesi, si legge, è e avere il tempo necessario “per negoziare con i partner senza ricatti e tempi stretti”, “concordare i termini finanziari e amministrativi mutualmente accettabili” e “avviare il lavoro tra i gruppi tecnici per un possibile nuovo Contratto per la ripresa e la crescita tra Grecia, Europa ed Fmi che potrebbe seguire l’attuale accordo”. Come dire che questo è solo il punto di partenza per il “vero” negoziato”. Nel frattempo, però, Atene chiede che la Bce torni ad accettare i suoi bond come garanzia in cambio di liquidità, cosa che ha fatto fino al 4 febbraio quando il consiglio ha deciso di non concedere più quella deroga. E la lettera si conclude con l’auspicio che tutto questo permetta al governo greco di “avviare le sostanziali, profonde riforme necessarie per ripristinare gli standard di vita di milioni di cittadini greci attraverso una crescita economica sostenibile, un livello di occupazione dignitoso e coesione sociale”.
Dalla Bce ossigeno alle banche. Ma i soldi basteranno solo per pochi giorni – La richiesta del governo a guida Syriza arriva il giorno dopo che la Bce ha aumentato di 3,3 miliardi, portandolo a 68,3, la fornitura di linee di credito di emergenza alle banche elleniche tramite l’Emergency liquidity assistance (Ela), il sistema di ultima istanza che assiste gli istituti in “temporanea crisi di liquidità”. E ha allungato fino al 5 marzo la possibilità di accedervi. Una flebo senza la quale le banche greche, alle prese con una fuga dei depositi che negli ultimi due mesi ha superato quota 20 miliardi, andrebbero gambe all’aria. Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung l’Eurotower, per arginare l’emorragia, ritiene ragionevole addirittura l’introduzione di controlli sulla circolazione dei capitali nel Paese. L’indiscrezione in mattinata è stata smentita da un portavoce della Bce. Resta il fatto che gli istituti sono in serissima difficoltà e i soldi messi a disposizione basteranno solo per pochi giorni: solo la scorsa settimana hanno attinto ai fondi dell’Ela per un totale 51,7 miliardi, contro i 5,85 miliardi dei precedenti quindici giorni. Non per niente, secondo l’agenzia Reuters, il governatore della Banca centrale di Atene aveva chiesto che il tetto fosse alzato di altri 10 miliardi. Pretesa ridimensionata in seguito all’opposizione di alcuni membri del consiglio direttivo presieduto da Mario Draghi.
E il padre nobile della Ue Giscard d’Estaing tifa per la Grexit – Sullo sfondo continua a incombere lo spettro dell’uscita della Grecia dalla moneta unica, la cosiddetta Grexit. L’ex presidente francese Valery Giscard d’Estaing, in un’intervista al quotidiano francese Les Echos, auspica oggi proprio questo esito: che il Paese “lasci l’euro” con una “friendly exit“, perché “non può risolvere i suoi problemi se non riavrà a disposizione una moneta svalutabile“. Secondo uno dei padri fondatori dell’Unione europea, “la questione fondamentale è sapere se l’economia greca può ripartire e prosperare con una moneta così forte come l’euro. La risposta è chiaramente negativa. Ma invece di concentrarsi su questo argomento di fondo e rispondere, gli europei si focalizzano sul debito greco”. “Assurdo”, secondo Giscard, “dire che si tratterebbe di una sconfitta dell’Europa”, anche perché “questa uscita consentirebbe di preparare un eventuale ritorno, più tardi”. Certo è, però, che si tratterebbe di un vulnus al dogma dell’irreversibilità dell’euro. Un salto nel buio che potrebbe aprire la strada ad altri “divorzi” dalla moneta unica, minandone la credibilità a livello globale. Anche se Standard & Poor’s, in un report appena diffuso, prefigura “rischi limitati” di contagio.
Ma i mercati credono nella possibilità di un accordo – I mercati, comunque, sembrano credere nella possibilità di un accordo. Giovedì, dopo aver aperto deboli, hanno infatti recuperato terreno in seguito all’annuncio della richiesta del governo greco. In corrispondenza con il no tedesco hanno azzerato i guadagni, ma sono poi tornati in positivo. Atene, che in avvio di seduta segnava -0,44%, a fine mattinata è arrivata a guadagnare quasi il 4 per cento per poi ripiegare e chiudere a +2,68 per cento. Piazza Affari, che aveva aperto in calo dello 0,1%, ha virato in positivo e chiuso a +0,6 per cento. Per quanto riguarda i mercati obbligazionari, il tasso di interesse a dieci anni pagato dai titoli di Stato greci resta poco sopra il 10% e quello sui triennali sopra il 18 per cento.