Quando in tv arriva la geografia con le mappe, anziché il solito reporter-stalker, vuol dire che c’è la guerra. E l’ascolto dei talk show politici comincia tanto più a salire (qualcuno ricorderà che il primo vero boom di ascolti di Santoro-Samarcanda ci fu nel 1991, con la prima guerra del Golfo), quanto più prossimi all’Italia sono i luoghi raffigurati.

In questo caso le mappe sono quelle della Libia che dall’Italia dista un passo. Così se prima in tv ci si accapigliava attorno a tre cose distinte (le milizie del Califfato -“ah, questi feroci islamici”-; gli interessi italiani -“ah, la Casta”-; le folle su quelle coste pronte a subire di tutto per raggiungere le nostre -“sì, poverini, ma dove li mettiamo?”) oggi siamo costretti ad afferrare che tutto si tiene. Tanto più che non si tratta di fantasia degli autori perché appena una settimana fa,il premier (in occasione dell’ultima strage in mare) ha indicato “la luna Libia rispetto al dito sbarchi”, il ministro Gentiloni ha parlato di “combattimento” (e subito si è preso del “crociato”, senza scudo), la ministra Pinotti ha sciorinato le truppe.

E stato allora che ognuno ha capito che si stava davvero parlando di “guerra” e che questa ci avrebbe coinvolto in primissima persona, trattandosi solo di capire come: mettendoci direttamente il casco blu e scendendo sul terreno con i nostri connazionali armati, o (visto che in Libia dai tempi del Maresciallo Graziani sono suscettibili verso il tricolore militare) facendo da retrovia ad altri. Ma esponendoci comunque alla grande, contro i soldi del Qatar e gli interessi Turchi (che con l’Isis, nemico di molti loro nemici, ci cinguettano ab origine) e spintonandoci con gli amici francesi che hanno già fatto (Sarkozy) il casino che hanno fatto pur di espiantarci da quei pozzi di petrolio (Sergio Romano dixit) e di certo non hanno abbandonato l’idea.

Spinta dalle mappe la coppia siamese Giannini-Floris ha radunato il 12,5% di share (con particolare soddisfazione del secondo che ha scavallato per la prima volta, se ben ricordiamo, il 6% (6,12%, per la precisione, avvicinandosi parecchio ai fanalini posteriori, e cioè al 6,34%, dell’abbandonato Ballarò).

A fare la differenza rispetto alle più ristrette platee di gennaio, quando la coppia dei talk arrivava appena a sommare il 10%, sono stati gli strati che potremmo definire più popolari degli spettatori, specie maschi: lavoratori non qualificati, pensionati (o quasi pensionati). Quelli, si direbbe, sempre sul filo del rasoio fra serenità e preoccupazione. e che evidentemente hanno coscienza/timore di essere i classici stracci destinati a volare, se s’alza il vento.

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