Dall’8 gennaio a oggi i 13 alberghi di Mantova hanno registrato pochissime presenze: “Siamo vicini allo zero“, spiega Gianluca Bianchi presidente di Federalberghi Confcommercio. Una struttura è chiusa da un anno e non si sa se riaprirà; due stanno osservando una chiusura stagionale forzata perché con gli alberghi vuoti si lavora in perdita. Le altre? Arrancano, fra mille difficoltà e una programmazione turistica inesistente, disorganica, improvvisata, quando va bene e quando c’è. Alcuni albergatori stanno già pensando di abbandonare o di riconvertire le attività in condo-hotel, residence e bed and breakfast, gli unici a crescere. Sotto accusa Comune e Provincia ai quali spetta il compito di dare una forma e un volto a Mantova turistica, ma che in questi anni – secondo Federalberghi – “hanno fatto poco o nulla”. Anzi, spiega l’associazione di categoria, in alcuni casi hanno creato difficoltà alle strutture impedendo agli autobus di arrivare in centro almeno per scaricare i bagagli davanti all’albergo.

Nonostante lo status di patrimonio dell’Unesco, la fama internazionale di “bella città”, la presenza di Palazzo Ducale, la Camera degli Sposi di Mantegna, Palazzo Te – solo per citare qualche motivo di attrazione turistica della città – in un anno a Mantova arrivano 500mila turisti, ma pochissimi di questi, meno del 30%, pernotta almeno una notte. Il dato acquista significato se lo si confronta con quello della vicina Verona: 3 milioni di turisti all’anno e una percentuale di pernottamento molto più elevata. Tanto ci si aspettava, in termini di attrazione, dalla mostra di Mirò a Palazzo Te ma i risultati, per gli albergatori, sono molto deludenti. Se l’esposizione, che chiuderà ad aprile ed ha aperto a fine novembre, registra un buon numero di presenze, di queste pochissime, per non dire nessuna, ha ricaduta economica sugli alberghi. Anche in questo caso si conferma la prevalenza di un turismo “mordi e fuggi”. “Le nostre imprese – spiega ancora Bianchi – non possono sperare di sopravvivere lavorando solo sette mesi su dodici, da aprile a ottobre, con il picco di presenze del Festivaletteratura di settembre che porta ossigeno per le nostre attività. Un tasso di occupazione medio delle camere del 30% è bassissimo per una città d’arte dalle enormi potenzialità, mai sfruttare, come Mantova”.

C’è poi un altro dato che preoccupa gli albergatori. La chiusura di grandi industrie come la raffineria Ies e la Cartiera Burgo, e di moltissime imprese medio-piccole ha fatto scomparire il turismo business: “Per noi – prosegue il presidente di Federalberghi – era un settore molto redditizio ma, complice la crisi, è scomparso”. Per uscirne le soluzioni ci sono. “Mantova soffre di scarsa visibilità, frutto di una promozione a singhiozzo, non strutturata”, aggiunge il direttore di Confcommercio Mantova Nicola Dal Dosso. “Le imprese, soprattutto quelle alberghiere – prosegue -, dal canto loro hanno sopperito, impegnandosi in prima persona e con risorse proprie per far conoscere Mantova, ma non basta. E’ ora di mettere finalmente a reddito il patrimonio Unesco: la costituzione di un’agenzia a composizione mista, pubblico-privata, per la promo-commercializzazione del territorio non è più rinviabile. I turisti a Mantova non arrivano anche perché Mantova non ha ancora definito un proprio brand e perché non è ancora radicata la cultura dell’accoglienza a tutti i livelli: questo straordinario “prodotto” non è conosciuto né, di conseguenza, venduto”.

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