Alla fine il Parlamento ha messo una pezza al “clamoroso autogol” del governo, come Matteo Renzi aveva definito l’inasprimento del regime fiscale dei minimi per le partite Iva previsto dalla legge di Stabilità e il mancato blocco dell’aliquota previdenziale per freelance e professionisti senza albo. Un emendamento al decreto Milleproroghe approvato alla Camera riporta la situazione al punto di partenza, o quasi. Il vecchio regime agevolato è stato prorogato di un anno e coesisterà con quello nuovo, mentre sul fronte della gestione separata dell’Inps i contributi da versare tornano al 27,72%, la stessa aliquota in vigore prima che l’1 gennaio scattasse il rialzo di tre punti introdotto dalla riforma Fornero.
Soddisfatte tutte le forze politiche, dall’Ncd a Forza Italia alla Lega, dall’M5s a Sel a Scelta civica, fino al Pd. Che per voce del responsabile economico Filippo Taddei e del vicesegretario Lorenzo Guerini rivendica il merito del governo di avere mantenuto la promessa di riparare all’errore, trovando le coperture e dando il via libera alle modifiche. Soddisfatte anche le associazioni che per settimane hanno chiesto la marcia indietro dell’esecutivo, con tweet bombing e altre iniziative: “C’è un cambio di attenzione nei nostri confronti, finalmente si sono accorti che esiste anche il nuovo lavoro autonomo”, commenta Anna Soru, presidente di Acta (Associazione consulenti terziario avanzato), che però non rinuncia a sottolineare come si tratti solo di un punto di partenza. “L’emendamento approvato vale solo per il 2015. Non vogliamo trovarci ogni anno a dover affrontare la stessa storia. La questione fiscale va rivista nel suo complesso, mentre per quanto riguarda la previdenza chiediamo uniformità di trattamento con le altre categorie. E c’è tutto un sistema di welfare da costruire”.
Su quest’ultimo punto il governo ha annunciato un primo provvedimento, che garantirà alle partite Iva la maternità anche qualora non smettano di lavorare per cinque mesi, cosa che attualmente è necessaria per incassare l’indennità e danneggia l’attività delle neomamme. La misura dovrebbe essere approvata dal Consiglio dei ministri il 20 febbraio insieme ad altre norme contenute nei decreti attuativi del Jobs act, come la cancellazione dei co.co.pro e la sostituzione dei co.co.co con altre forme contrattuali.
Incassata la vittoria, ora alle partite Iva resta da sperare che la coesistenza di due regimi fiscali agevolati tra cui scegliere non crei altra confusione. Quello vecchio, con un’imposta sostitutiva del 5%, valido per gli under 35 e, in ogni caso, nei primi cinque anni di attività sotto una soglia di reddito di 30mila euro. Quello nuovo, senza limiti di età, con un’aliquota del 15% da applicare non sulla differenza tra ricavi e costi, ma sui ricavi moltiplicati per un certo coefficiente, con una soglia di reddito scesa a 15mila euro per i freelance e la possibilità di uno sconto di un terzo per le nuove attività. “L’Agenzia delle Entrate dovrà chiarire immediatamente le nuove modalità operative – scrive l’avvocato tributarista Giorgio Infranca su glistatigenerali.com -. Si dovrà chiarire anche la posizione di coloro che hanno iniziato la propria attività da gennaio 2015 e che volessero, avendone i requisiti, optare per il vecchio regime”.