Alejandro Gonzalez Iñarritu o Richard Linklater? Pur avendo iniziato il lungo tragitto di proiezioni e presentazioni a livello internazionale oltre un anno fa con il film Boyhood, Linklater sembra avere sufficiente spinta per portare a casa il prestigioso premio dell’Academy. Anche il regista messicano ha uno stile più virtuoso
Sarà una partita a due l’Oscar 2015 per la miglior regia: Alejandro Gonzalez Iñarritu o Richard Linklater? Pur avendo iniziato il lungo tragitto di proiezioni e presentazioni a livello internazionale oltre un anno fa con il film Boyhood (Sundance 2014 la prima), Linklater sembra avere sufficiente spinta per portare a casa il prestigioso premio dell’Academy.
Richard Linklater
I Golden Globe l’hanno visto uscire vincente dalla sfida col collega di origine messicana, come del resto i premi della recente cerimonia Bafta. Richard Stuart Linklater ha 54 anni ed ha esordito nel 1988 scrivendo, girando in Super 8 e interpretando It’s Impossible to Learn to Plow by Reading Books. Anche se la grande popolarità è derivata da Prima dell’Alba (1995), il primo lungo di una fortunata trilogia con Ethan Hawke e Julie Delpy, che gli ha permesso di vincere al Festival di Berlino l’Orso d’argento come miglior regista. Quando i film della sua carriera non hanno virato sul tono da commedia romantica, Linklater ha spaziato dai film giovanilistici scoprendo future star (in Dazed and Confused ci sono Matthew McConaughey e Ben Affleck), titoli bizzarri e divertenti come School of rock, ma anche improvvise impennate sarcastiche sui mali americani come la qualità (e tossicità) del cibo occidentale in Fast Food Nation. Anche se è forse diventato celebre per i suoi film di animazione, Waking life e A scanner darkly dove attori famosi come Hawke e Keanu Reeves sono stati animati con il sistema del “rotoscope”. Linklater è già stato nominato agli Oscar due volte: come autore della miglior sceneggiatura di Prima del tramonto (2004) e di Prima di Mezzanotte (2013).
Alejandro Gonzalez Iñarritu
Alejandro Gonzalez Iñarritu (nella foto), candidato come miglior regista per Birdman, ha invece uno stile di regia più virtuoso, un approccio alla materia filmata più materico e ravvicinato. Nato a Città del Messico nel 1963, esordisce al cinema apparentemente tardi nel 1999 con Amores Perros, film in tre episodi, scritto da Guillermo Arriaga, che lo fa affermare prima di ogni altra cosa nel contesto festivaliero di Cannes. 21 Grammi nel 2003 viene scippato dal Festival di Venezia, poi ancora Babel e Biutiful tornano in Concorso sulla Croisette. Dopo quattro anni di silenzio è di nuovo Venezia a far aprire l’edizione 2014 con il suo ben accolto Birdman. Fino all’uscita nel Natale scorso dell’ultimo lungo The Revenant, la temibile storia della vendetta del trapper DiCaprio nelle foreste dell’Ovest ad inizio ottocento, Iñarritu è stato l’unico regista ad aver mostrato tutti i propri film – ben 5 – in anteprima in un festival internazionale di pregio come Cannes o Venezia.
Wes Anderson
A fare da terzo incomodo per insidiare i due favoriti, l’eccentrico Wes Anderson per Grand Hotel Budapest. Già tra i nominati come miglior sceneggiatura originale per The royal Tenenbaum (2001) e Moonrise Kingdom (2013), Anderson aveva sfiorato un Oscar finendo nella cinquina dei Migliori film d’animazione (2009) con Fantastic Mr.Fox. Probabile non sia questo il suo miglior momento creativo, vista la recente filmografia – due film in quasi cinque anni – che necessita, hollywoodianamente, di un titolo forte per il rilancio.
Bennett Miller
Interessante è invece la prova del 48enne newyorchese Bennett Miller, nominato per Foxcatcher. Una regia che senza annullarsi si mette a disposizione di attori d’impatto – qui il terzetto Ruffalo/Carrell/Tatum, negli altri suoi film Capote e Moneyball le star Philip Seymour Hoffman e Brad Pitt, mostrandosi comunque l’elemento più importante dell’intera lavorazione. Per Capote (2005) Miller era stato candidato come miglior regista.
Morten Tyldum
Chiude il quintetto Morten Tyldum per The Imitation Game. Il giovane regista norvegese che si era fatto conoscere per la regia d’azione nel thriller Headhunters (2011) tratto da Jo Nesbo, questa volta ha steso un tappeto rosso sotto ai piedi di Benedict Cumberbatch, fornendogli un film da Oscar come miglior attore, e non molto di più. Unica vera assente nel quintetto di nominati per la miglior regia rimane comunque Ava Duvernay, regista di Selma. Sarebbe stata la prima donna di colore nella categoria, per un film dove la regia ha davvero molto da dire e mostrare con discreta originalità.