Protagonisti assoluti del 110° derby della lanterna i due presidenti. Entrambi accolti con diffidenza dalla città, l'hanno riportata alle vette della classifica e ora si giocano un posto nelle coppe
Non si sono mai amati. Troppo uguali e troppo diversi. Divisi dalla staccionata ella rivalità calcistica cittadina, che a Genova è un male endemico; un germe contagioso persino per due “foresti” come Massimo Ferrero, 63 anni, proprietario della Sampdoria, romano del Testaccio, già tifoso della Roma, appassionatamente convertito al blucerchiato genovese. Ed Enrico Preziosi, 67 anni, avellinese trapiantato al Nord da ragazzo, da dodici anni presidente del Genoa con antiche e ormai stinte simpatie per il Napoli.
Ferrero e Preziosi potranno regolare un bel po’ di conti rimasti in sospeso. Sabato sera (ore 20,45) allo stadio Ferraris si gioca il derby della Lanterna numero 110. Nel match di andata prevalse la Sampdoria, grazie ad un gol garibaldino segnato da Gabbiadini e contestato dai Grifoni per un fuorigioco che, a norma di regolamento, non c’era. Una pillola amara mai trangugiata da Preziosi e da Gasperini, patron e tecnico del Genoa, che meditano la vendetta. Gabbiadini non potrà colpire di nuovo, gioca a Napoli. Ma i cugini schierano Eto’o, antico campione niente affatto sfiorito. Preziosi non fa pronostici (“il derby si gioca e dopo si commenta”) e vaticina, prudente, che sarà una partita da tripla. Ovviamente medita il colpaccio. “La sconfitta dell’andata non l’ho digerita”, ha ammesso a denti stretti. Ferrero, con la consueta spavalderia da guascone, aveva appena consegnato il suo pronostico ai microfoni di Sky sport. “Vinco io e basta”.
A Preziosi non piacque neppure la corsa trionfale che il suo rivale improvvisò a fine partita calpestando con le scarpe bicolori (un must fra i tifosi) l’erba dello stadio fin sotto la Gradinata Sud in festa. Il Genoa giocava in casa e queste esternazioni, nel galateo del pallone, non sono ammesse. Ferrero si era scusato (“non lo sapevo”), e ora promette che ripeterà il rito corsaiolo, comunque vada la partita. Anche Preziosi un tempo si sfogava scalpicciando nei giorni di festa fin sotto la Gradinata Nord. Da quando Ferrero è apparso all’orizzonte, il patron rossoblù si è autoconsegnato ad un contegno composto. Lascia volentieri la ribalta al nuovo arrivato, al quale peraltro non risparmia stoccate sibilline.
L’ultimo capitolo di un duello in punta di fioretto, (avvelenato) registra la performance del patron della Sampdoria. Ospite di Sky Sport, ha indossato i panni dell’istrione e con finta cordialità ha sganciato grappoli di bombe su Preziosi. “Se lui ha vinto sei derby io voglio vincerne dodici. Ha la faccia triste ma è una gran persona”. Così perbene da meritarsi il nomignolo di Coccolino amoroso, nella contaminazione ferreriana del mozartiano Farfallone amoroso nelle Nozze di Figaro. “Lo voglio coccolare, visto che è triste”. Replica di Preziosi: “Sinceramente spero di essere coccolato dalle donne e non da lui e comunque non sono affatto triste. Più che amoroso direi che sono spinoso”.
Trovandosi a Genova, non poteva mancare un accenno alle “palanche”, i soldi. La Sampdoria ha alzato sensibilmente i prezzi dei biglietti per lo stadio. Preziosi ha prodotto l’affondo: “Gli incassi vanno alla Sampdoria, la responsabilità è tutta loro. Forse ne hanno bisogno per pagare Eto’o…”.
Ferrero è un produttore e distributore cinematografico, Preziosi ha creato un impero sui giocattoli. Entrambi sono stati accolti con scetticismo dall’establishment cittadino, indefettibilmente british e diffidente alla radice verso tutto ciò che non profuma di pesto e di mare. I due “foresti” si sono fatti largo alla loro maniera. A spallate. Ferrero in pochi mesi ha smontato le diffidenti smorfie di disappunto con cui era stato accolto da molti tifosi, preoccupati dallo stile disinvolto e fin troppo sgangherato del nuovo patron, abituati come erano da decenni all’impeccabile aplomb dei petrolieri Ravano, Mantovani e Garrone, i presidenti storici che avevano guidato al Sampdoria sulle alte vette del calcio. “Mi ispiro a Mantovani e a Garrone”, si era impegnato Ferrero. Sorrisini di compatimento. Ironie scontate. E invece il fantasmagorico mercato, soprattutto la tranche spericolata di gennaio, ha lasciato a bocca aperta. Muriel ed Eto’o sono le ciliegine invernali su una torta già riccamente farcita. La parola Europa non è più tabù in casa Sampdoria. “Nel 2018 lotteremo per lo scudetto”. Ipse dixit. Bum!
Preziosi è uscito indenne da prove che avrebbero triturato i nervi di un condottiero meno scafato di lui. La retrocessione a tavolino del 2005 per la gara col Venezia, aveva precipitato il Genoa dalla A appena conquistata all’abisso della serie C. In due stagioni, il patron aveva riscattato l’inciampo e da otto il Genoa veleggia tranquillo nell’Oceano della serie A. Qualche volta addirittura con vista sull’Europa, come nel 2009 quando perse il posto in Champions per differenza reti sulla Fiorentina. Otto anni in serie A nel secondo dopoguerra sono un record assoluto. E Preziosi può fregiarsi del titolo di miglior presidente del Genoa degli ultimi 70 anni. La squadra costruita con pochi soldi e molti prestiti è attrezzata per il grande balzo, Perotti è un pezzo pregiato, ma altri giocatori (Iago Falque, Bertolacci, e l’ex milanista Niang, incautamente scaricato dal Milan di Inzaghi) sono primedonne corteggiatissime dalle Grandi. O presunte tali, visto che in classifica viaggiano di rincorsa al Genoa.
Più che nei reciproci dispettucci dei due presidenti la notizia sta qui: dopo un quarto di secolo Sampdoria e Genoa si giocano l’Europa, anziché la tristemente nota salvezza. Mihajlovic e Gasperini sono condottieri di primissima fascia, la classifica è in perfetto equilibrio (35 punti, sesto posto per entrambe le squadre). La Sampdoria godrà del vantaggio del tifo (lo stadio sarà per due terzi blucerchiato). Ma il derby è il derby. E non sempre vince il migliore. Una lotteria, ecco. Chi tirerà su il numero vincente? Il gioco del lotto, detto “semenaio”, fu inventato a Genova per sbrogliare certi pasticci della politica. Si vede che i reggitori della Repubblica se la sentivano…