La tv è dominata dalla ricerca del target da colpire. “Datemi una leva e solleverò il mondo”, diceva Archimede; i televisionisti ritengono che cogliendo il target giusto, quando, cioè, si riesce a far vedere quel programma a quel pubblico, si possa sollevare il mondo degli ascolti.
Oggi ci sono adesso 88 canali free a livello nazionale e tante reti pay, e questa amplia offerta determina che il “potere” passi alla domanda, al pubblico. La permanenza alla visione dei singoli programmi diminuisce molto, e aumenta anche la volatilità delle singole reti (per inciso, Raitre e La7 sono le reti con ascolti giornalieri molto altalenanti, mentre Italia1 è la rete con ascolti più stabili, con meno volatilità). In questa situazione i flop, le chiusure anticipate dei programmi sono all’ordine del giorno. Anche l’identità di rete, l’immagine percepita delle singole emittenti, che costituisce la vera forza di un emittente, tende a sfarinarsi.
La responsabilità della crisi di tanti programmi è innanzitutto degli autori televisivi (si salvano per bravura quelli delle fiction), peraltro sempre gli stessi da decenni, poiché il ricambio in tv è parola sconosciuta. Autori che ragionano ancora in termini di macro target, quando invece il pubblico si è frantumato, è diventato difficile da classificare con le vecchie categorie (sesso, età, zone geografiche, istruzione, condizioni sociali e economiche, elementi valoriali). Ragionare in termini di target è oggi limitativo. Non c’è più un pubblico-massa ben definito, ma ci sono infiniti individui che fanno parte di gruppi diversi. Una stessa persona può essere tante identità diverse nell’arco della giornata, secondo le attività svolte e le relazioni interpersonali. Quale identità va presa? Difficile decidere a priori. Si dovrebbero ideare programmi di qualità disinteressandosi dei presunti ascoltatori, perché questi arriverebbero naturalmente.
Non a caso la pubblicità (alla quale dedicheremo un prossimo post) ha enormi difficoltà a intercettare il “suo” pubblico.
La forza della televisione sta nell’essere lo specchio della società. Oggi la tv dà un’immagine parziale e sbiadita della società. Per questo ha urgenza di reinventarsi.