Neorealismo asciutto, resistenza che diventa arte, la denuncia dello scempio della jihad. Timbuktu di Abderrahmane Sissako ha sbancato i César, incassando ben sette riconoscimenti. Sissako, originario della Mauritania ma che vive a Parigi da quando aveva 22 anni, è il primo regista africano a vincere il corrispettivo francese degli Oscar. Miglior film, migliore regia, migliore soggetto, migliore montaggio, migliore fotografia, migliori musiche e migliore suono.
Timbuktu affronta con crudezza il tema del dilagare del fondamentalismo islamico in Africa, prendendo nettamente posizione contro il jihadismo. “La Francia è un magnifico Paese che riesce a risollevarsi di fronte all’orrore, alla violenza, all’oscurantismo“, ha detto Sissako ricevendo il riconoscimento durante il gala tenutasi al Theatre du Chatelet di Parigi. Durante la cerimonia numerosi sono stati i riferimenti alla strage nella redazione di Charlie Hebdo.
‘Timbuktu, che ha già ottenuto ottimi risultati in sala, era stato presentato, senza ricevere premi, all’ultimo Festival di Cannes ed è ora in gara per l’Oscar come miglior film in lingua straniera. Ai César è stato poi premiato come miglior documentario Il sale della terra Wim Wenders e Mommy del regista canadese Xavier Dolan ha incassato il riconoscimento come miglior film in lingua straniera. Migliore opera prima è stata giudicata Les Combattants di Thomas Cailley.
A Pierre Niney è andato il César come miglior attore per la sua interpretazione di Yves Saint-Laurent nel film di Jalil Lespert sullo stilista. Miglior attrice è stata incoronata Adele Haenel per Les Combattants. Cesar d’onore a Sean Penn. Sul palco del Theatre du Chatelet, per premiare l’attore Kevin Azais per il suo esordio in Les Combattants, è salita anche l’attrice Julie Gayet, protagonista della love story con il presidente François Hollande.