Voglio parlarvi di scarpe. Non voglio parlarvi di morti in mare, migranti, Frontex-sì-Frontex-no, Mare Nostrum, geopolitica. Voglio parlarvi delle scarpe che Mohammed aveva ai piedi quando è tornato a casa e l’ha trovata bruciata. Non è riuscito neanche a recuperare i passaporti: era andato tutto distrutto. Le scarpe di Mohammed hanno lasciato Damasco e hanno portato la sua famiglia in salvo dalle armi chimiche del regime di Assad. Durante la fuga, Mohammed ha pensato alla scarpa che non serve più alla gamba del figlio, persa durante i bombardamenti.

Voglio parlarvi delle ballerine di Dalia che lo scorso settembre ho incontrato sul mezzanino della stazione centrale di Milano, mentre aspettavano il treno verso il nord Europa. Non sono più abbinate al suo velo, come usava fare in Siria, perché quello l’ha perso quando, a largo delle coste egiziane, veniva spinta da una barca all’altra, iniziando così il suo “viaggio della morte” nel Mediterraneo, in direzione dell’Italia.

mare nostrum

E’ stato lì in stazione che ho incontrato anche le scarpe di Ahmed. Sformate com’erano sembravano spaesate mentre sostavano davanti a una cartina geografica dell’Europa e cercavano di capire in quale punto della mappa si trovassero esattamente i piedi che le calzavano. Quelle scarpe erano state regalate ad Ahmed dalla famiglia, ancora bloccata in un campo profughi sotto assedio, proprio vicino Aleppo, dove da mesi non entra più neanche il pane.

Poi ci sono le ciabatte di Saberen. Saberen le guarda e ripensa a quando gli sono state regalate dalle autorità italiane appena è sbarcata in Sicilia. Non ricorda più esattamente il momento in cui si è separata dalle scarpe con cui ha lasciato l’Eritrea. Le aveva accanto a sé quando ha partorito la sua bimba nel caldo soffocante di una stanzetta in Libia. Sì, lì le aveva ancora. Poi ne ha perso le tracce. Ma non ricorda quando e come. Forse è stato proprio quando i trafficanti, armati fino ai denti, l’hanno spinta a salire su un gommone insieme ad altre cento persone. Sabren non voleva salire: partire d’inverno, con quel freddo e con quelle onde alte sarebbe stato un suicidio. Ma non aveva scelta: se non fosse salita sul gommone sarebbe stata comunque uccisa dai trafficanti. E, a piedi nudi, stringendo al petto la sua piccola, “ha preso il mare”.

Non voglio parlarvi degli oltre 23,000 morti che negli ultimi quindici anni hanno tentato di oltrepassare i muri della Fortezza Europa. Vorrei parlarvi, invece, di quelle scarpe che hanno percorso chilometri e chilometri, in Africa e in Medio Oriente, e che ora, sparite nel nulla, non possono più raccontare. Circa 46,000 scarpe inghiottite dal mare. E voglio chiedervi un favore: se la prossima estate il Mare Nostrum decidesse di restituirle e voi doveste incontrarle su una delle nostre belle spiagge, vi prego di raccoglierle e conservarle. Chissà se un giorno sarà possibile riunirle tutte quante. Magari 46,000 scarpe proprio nella piazza del nostro bel Parlamento. E sarà allora che, in silenzio, ci racconteranno quella storia che io non vi ho voluto raccontare.

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