I democratici raccolgono in un maxiemendamento una serie di modifiche in parte già proposte da Forza Italia: nessun limite all'estrazione del marmo, se non il divieto a nuove cave sopra i 1200 metri. E via libera alle piscine in spiaggia. L'assessore regionale all'urbanistica, Anna Marson, si dice pronta a dimettersi nel caso le modifiche vengano approvate
Nessun limite all’estrazione del marmo, se non il divieto a nuove cave sopra i 1200 metri. E via libera alle piscine in spiaggia. Alla vigilia del voto per l’approvazione del piano paesaggistico della Toscana (si terrà il 10 marzo), arriva in Regione un faldone di emendamenti che ne stravolgono completamente la natura. A presentarli è lo stesso Pd, partito di maggioranza, che, tra l’altro, ripropone, in misura i ridotta, i contenuti dei 200 emendamenti presentati da Forza Italia. Che però è all’opposizione. Non è un vero e proprio patto del Nazareno in salsa fiorentina quello dei due, ma un sogno in comune: quello di buttare all’aria il contestatissimo documento dell’assessore all’urbanistica, Anna Marson, che adesso si dice pronta a dimettersi nel caso il consiglio regionale approvi le modifiche. Che non sono dei ritocchini. Lo ammette anche il consigliere del Pd, Ardelio Pellegrinotti, sostenendo che il piano ridisegnato va “in direzione opposta a quella dell’assessore”. “Mi dispiace se se la prende – ha detto – ma in aula saremo noi a votare questo piano”. E forti della loro buon’intesa con i forzisti è molto probabile che la spuntino.
I quattro anni di lavoro del grosso team di docenti universitari, ricercatori e tecnici comunali quindi non finiscono nel cestino (nel caso venissero approvati gli emendamenti), ma quasi. Il capitolo sul marmo viene sostanzialmente stralciato. Le cave, per il Pd toscano, “non si toccano”. Lo aveva già dato a intendere quando fece quadrato contro la chiusura graduale delle miniere nell’area protetta del Parco delle Alpi Apuane, prevista nella bozza iniziale. E adesso con un altro colpo di falce, se ne va, articolo per articolo, tutta la rete di protezione di quelle montagne sollevata dalla Marson. Via limiti agli ampliamenti dei siti estrattivi. Via limiti alla riapertura di cave dismesse da oltre vent’anni. Tutto continuerà a essere estraibile.
Gli unici angoli off limits alle ruspe saranno le vette sopra i 1200 metri, dove– sia chiaro – non siano ancora state aperte cave: quelle potranno continuare ad ampliarsi, duplicarsi, anche triplicarsi. No limit. Con gli emendamenti viene poi rivisto il concetto di “nuova cava”, per il quale il documento prevede che l’autorizzazione all’attività e alla coltivazione passi per un “piano attuativo” (con una procedura urbanistica complessa): non saranno considerate nuove cave gli ampliamenti. Non passeranno dal piano attuativo nemmeno le “varianti sostanziali” e inoltre si allargano le maglie per i ravaneti, ossia i pendii dove si accumulano i detriti di cava (limitati nella prima versione del piano). E infine potranno riaprire anche le cave dismesse da oltre vent’anni. I consiglieri del Pd ribadiscono: “Le cave sono un paesaggio nel paesaggio” e “una grande attrazione turistica”. Più, evidentemente, delle grotte, dei sentieri, del parco naturale.
Norme più permissive arrivano anche per gli stabilimenti balneari. Gli emendamenti restituiscono ai bagni la possibilità di realizzare piscine. Viene quindi cancellato l’obbligo di salvaguardia della “qualità percettiva dei luoghi” e di evitare “l’impermeabilizzazione permanente del suolo”. L’assessore Marson si trincera dietro un “no comment”, ma c’è chi commenta per lei. “Spero – spiega a ilfattoquotidiano.it il consigliere Marco Manneschi, del gruppo Popolo di Toscana – che sia la stessa tattica utilizzata per la legge 65 del 2014: quella di sparare alto per ottenere qualcosa, perché in questo modo hanno snaturato completamente il piano. Tra le richieste c’è anche quello di trasformare le direttive in indirizzo: cioè come se il piano fosse solo un’esercitazione. Anche noi siamo per il lavoro, ma anche per il rispetto dell’ambiente”.