Dei circa 700 spazi adibiti a luoghi di culto per l’Islam in tutta Italia, solo cinque sono vere e proprie moschee, i restanti sono centri culturali, spesso ricavati in spazi inadatti a ospitare fedeli e funzioni religiose. A Milano la situazione è ancora più problematica e per capirlo basta farsi un giro il venerdì, il giorno che i fedeli musulmani dedicano alla preghiera, in uno dei suoi 15 centri islamici: gli Imam sono costretti ripetere la funzione due volte in modo che tutti possano parteciparvi in sicurezza senza venir schiacciati. “Siamo come i paleocristinani costretti a pregare clandestinamente nelle catacombe durante l’Impero romano”, dicono molti uomini, mentre si tolgono le scarpe prima dell’inizio del sermone. Come se non bastasse è di recente approvazione la legge regionale assurta alle cronache come “anti-moschee”. Un testo che pone una serie infinita di vincoli autorizzativi e architettonici che di fatto renderà pressoché impossibile la costruzione di un edificio di culto non cristiano cattolico, che, secondo il presidente emerito della Consulta Valerio Onida è anticostituzionale. “La politica dovrebbe incentivare l’emersione di fenomeni come questi, l’alternativa è continuare a farli restare nell’informalità”, avverte Davide Piccardo, coordinatore delle Comunità islamiche di Milano, che continua: “Il testo tratta la questione del culto e della spiritualità come un mero problema di ordine pubblico, come se una moschea fosse un inceneritore o una centrale nucleare”. Lo Stato pare deciso a sollevare in sede di Corte costituzionale il conflitto di attribuzione sostenendo che quella materia non può essere normata a livello regionale, così come il Comune di Milano, bocciando la normativa, ha confermato la scadenza del 28 febbraio come termine ultimo per presentare progetti per la costruzione di edifici di culto non cattolici, ma la realizzazione di una moschea, al pari di città come Roma, Catania, Ravenna è al di là dal venire. E fra pochi mesi, quando Milano diventerà una vetrina mondiale con l’inaugurazione di Expo 2015, i visitatori di regione musulmana non avranno un luogo dove andare a pregare. “Che brutta figura internazionale”, chiosa Mozib Rahman, coordinatore della Bangladesh cultural and welfare association, uno dei tanti centri islamici sparsi negli scantinati del capoluogo lombardo di Lorenzo Galeazzi
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