“Chi viene sfrattato non è un delinquente, è uno che è caduto e non ce l’ha fatta a rialzarsi“, spiega Giuseppe Marotta, da vent’anni ufficiale giudiziario nell’hinterland di Milano. Per raccontare la sua esperienza, che entra nel vivo della sofferenza sociale, ha da poco pubblicato “Sfrattati”, edito da Corbaccio. “Ho avuto un chiaro riscontro della crisi, quando abbiamo iniziato a sfrattare le agenzie immobiliari, i bar, le piccole imprese, attività normalmente considerate redditizie. E dal 2007 – prosegue – la mole di sfratti e pignoramenti è aumentata del 25 per cento, gli sfratti già pronti per l’esecuzione a livello nazionale sono ora intorno ai 180mila e solo il 3 per cento è per finita locazione, il resto sono per morosità”. Nemmeno la prima casa è salva, se non da Equitalia. “Per debiti con privati – spiega – ci tocca procedere al pignoramento anche dell’abitazione. Fosse per me, affiderei agli ufficiali giudiziari anche gli sgomberi, perché – prosegue – si tratta sempre di dialogare con le persone, un problema sociale non può essere delegato alla polizia“. In questi anni Marotta ha maturato una sua proposta: “Si dovrebbe provvedere a sbloccare i tanti appartamenti rimasti invenduti dopo lo scoppio della bolla immobiliare, lo Stato dovrebbe acquistarli a prezzo calmierato e assegnarli a chi si trova in difficoltà“. Anche perché sul diritto alla casa si gioca una partita significativa del futuro della società. “Ormai – sottolinea – è opinione diffusa che gli stranieri siano dei privilegiati, che occupino case che spettano agli italiani. Quasi mai è vero, ma il problema viene percepito in questo modo. Se non facciamo attenzione, dietro l’angolo c’è la guerra fra gli ultimi, la più classica delle guerre fra poveri” di Piero Ricca, riprese e montaggio Matteo Fiacchino