Come riporta il Corriere della Sera ai suggerimenti dei compagni di detenzione "se confessi ti danno uno sconto di pena. Altrimenti fai l’ergastolo" il muratore di Mapello avrebbe risposto: "Rischio l’ergastolo, ma non confesso per la mia famiglia"
L’inchiesta sull’omicidio di Yara Gambirasio sta per essere chiusa. E nel fascicolo del pm di Bergamo Letizia Ruggeri finiranno probabilmente anche le intercettazioni in carcere di Massimo Giuseppe Bossetti con gli altri detenuti. Conversazioni interessanti perché, come riporta il Corriere della Sera, ai suggerimenti dei compagni di detenzione “se confessi ti danno uno sconto di pena. Altrimenti fai l’ergastolo” il muratore di Mapello, arrestato il 16 giugno del 2014 con l’accusa di aver ammazzato la tredicenne di Brembate, avrebbe risposto: “Rischio l’ergastolo, ma non confesso per la mia famiglia”.
Dna, immagini, fibre e ricerche su Internet gli indizi dell’accusa
Contro Bossetti quindi si aggiunge un ulteriore elemento a quelli già noti da mesi: il Dna dell’indagato trovato sugli slip e sui leggings di Yara; le immagini che riprendono un furgone Iveco Daily identico al suo circolare attorno alla palestra per un’ora, fino a pochi minuti prima della scomparsa della ginnasta. E, ancora, le ricerche dal computer di casa Bossetti con “tredicenni” e “vergini”. E anche elementi recenti come le fibre dei sedili del suo mezzo uguali identiche a quelle trovate sui leggings e sul giubbotto della vittima che sono state analizzate dal Ris.
I dubbi della difesa su arma, luogo del delitto e prova genetica
La difesa invece pone tutta una serie di dubbi e indica presunti buchi neri nelle indagini. L’avvocato Claudio Salvagni in una conferenza stampa nel suo studio di Como elenca le convinzioni di chi ritiene Bossetti innocente. Secondo il legale e i consulenti di parte l’arma del delitto non è un cutter o un semplice coltello, quindi non un attrezzo da lavoro da muratore o un coltello comune, ma di un’arma con lama spessa oltre due millimetri e che potrebbe essere stata usata da un mancino mentre Bossetti è destrimane.
Dubbi anche sul luogo del delitto: la posizione del corpo, non rannicchiata come doveva essere se la ragazza morì effettivamente per il freddo nel campo di Chignolo d’Isola, il fatto che i vestiti che indossava non fossero tagliati nonostante ferite sul corpo e la circostanza che la sua maglietta fosse intera nonostante la ferita alla gola, fanno pensare che Yara sia stata uccisa altrove e che l’assassino l’abbia spogliata e poi rivestita.
La difesa contesta siano rilevanti le ricerche nel computer di Bossetti riguardo tredicenni (Bossetti ha ammesso che con la moglie guardava film porno) e il consulente informatico, Giuseppe Dezzani, spiega che una sola volta compare la parola tredicenne e che potrebbe essersi generata “automaticamente, non manualmente“.
L’avvocato Salvagni insiste sulla mancata corrispondenza tra il Dna nucleare, attribuito a Bossetti, trovato sul corpo della ragazza e quello mitocondriale trovato sui reperti piliferi analizzati che non appartiene a Bossetti. Infine per quanto riguarda i fili di tessuto per il criminologo Ezio Denti quel tessuto è invece usato “anche per treni e autobus“. “Hanno verificato gli investigatori quale tessuto avevano i sedili del bus che usava Yara per andare a scuola?”.