“Il 26 febbraio l’Italia firmerà un accordo in materia fiscale anche con il Liechtenstein“. Lo ha anticipato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, durante l’incontro con la sua omologa elvetica Eveline Widmer Schlumpf per l’ufficializzazione della fine del segreto bancario con la Svizzera. Così, anche il piccolo Paese alpino non figurerà più nella black list dei paradisi fiscali. Poi, secondo Matteo Renzi, sarà il turno del Principato di Monaco.
Sui benefici concreti dell’intesa italo-svizzera (leggi qui il testo del protocollo) dal punto di vista delle entrate per il nostro Paese il ministro non si è però sbilanciato. Facendo riferimento ai possibili introiti derivanti dal rientro dei capitali normato di recente con la legge sulla voluntary disclosure e favorito dall’accordo ha risposto: “A bilancio è stato postato a un euro, ma azzardo una previsione: sarà più di un euro. E mi fermo qui. Però in un’ottica di più lungo respiro ci saranno grandi benefici per la finanza pubblica italiana perché si pongono le condizioni per una maggiore trasparenza e fiducia tra i contribuenti e l’amministrazione, che rende più amichevole ed efficiente la gestione delle questioni fiscali in entrambi i Paesi”. Decisamente più ottimista il commento del premier Renzi, che su Twitter ha scritto: “Oggi siglato l’accordo con la Svizzera sul segreto bancario: miliardi di euro che ritornano allo Stato #lavoltabuona #comepromesso“.
Oggi siglato l’accordo con la Svizzera sul segreto bancario: miliardi di euro che ritornano allo Stato #lavoltabuona #comepromesso
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 23 Febbraio 2015
Il protocollo, siglato dopo quasi quattro anni di negoziati bilaterali, prevede lo scambio “a richiesta” di informazioni, va a modificare l’attuale Convenzione sulla doppia imposizione Italia-Svizzera e adeguandola agli standard dell’Ocse. Va detto, però, che la ratifica dell’intesa richiede il via libera dei rispettivi Parlamenti e non arriverà prima del 2017. Solo allora il fisco italiano potrà iniziare a chiedere informazioni sui movimenti effettuati in Svizzera da cittadini della Penisola. E solo su quelli fatti a partire da oggi. Mentre calerà l‘oblio sul quinquennio 2005-2009, perché l’uscita della Confederazione dalla black list fa venir meno il raddoppio (a dieci anni) dei termini di accertamento delle violazioni tributarie, con il risultato che quelle compiute in quel periodo cadranno in prescrizione.
Per quanto riguarda la voluntary disclosure, poi, l’emersione della Svizzera fa sì che chi riporta in patria i capitali dalle banche elvetiche pagherà le sanzioni ridotte (3%) che si applicano ai soli Paesi white list. Un “effetto collaterale” che in realtà è stato determinante nell’indurre i due Stati a stringere i tempi dell’accordo, visto che la legge varata a dicembre prevedeva questo regime agevolato solo in caso di uscita dalla lista nera entro 60 giorni.
Tra Roma e Berna restano comunque diversi nodi irrisolti. “Abbiamo siglato due documenti, uno giuridico sullo scambio di informazioni e uno politico che fissa una road map in merito ai frontalieri e a Campione d’Italia“, ha spiegato l’inquilino di via XX settembre. Il primo fronte – la questione dei 60mila italiani residenti nella Penisola ma che lavorano e pagano le tasse oltreconfine – è spinoso ma un’intesa di massima tra i due Paesi è stata trovata. Oggi a riscuotere è la Svizzera, che gira poi ai Comuni di residenza i cosiddetti “ristorni“, pari al 38,2% del gettito. In futuro invece (a valle di un successivo accordo da negoziare entro la metà dell’anno) ognuno dei due Stati riscuoterà la sua percentuale: la Svizzera fino al 70%, l’Italia il resto. Uno schema di “splitting fiscale” che secondo Padoan comporterà un carico fiscale “inizialmente non superiore” mentre in seguito la quota italiana “verrà con molta gradualità portata in linea con quello che la legislazione domestica applica agli altri frontalieri”.
Nessuna soluzione, al contrario, sul fronte dell’accesso al mercato italiano per le banche svizzere: “Su questo ci saranno ulteriori colloqui, non è nella road map”, ha affermato Padoan, poi parzialmente corretto dal consigliere per gli Affari fiscali Vieri Ceriani secondo il quale “non è nella parte negoziale ma in quella dell’ongoing dialogue“. In italiano, vuol dire che la trattativa è ancora alle primissime battute. Stesso discorso per quanto riguarda l’imposizione nell’enclave di Campione: “Vorremmo consentire alle nostre aziende di dedurre l’Iva svizzera”, ha spiegato Ceriani. “Vedremo, in questi negoziati ci vuole fantasia…”.