Alla fine di un dibattito in Trentino sul libro ‘Uomini che odiano amano le donne’, in preparazione di uno degli spettacoli che si terranno a marzo (la replica numero 17 di ‘Manutenzioni – Uomini a nudo, straordinaria avventura di teatro sociale per cittadini di tutte le età che dal 2013 non si è mai fermata) un signore che era nel pubblico mi ferma e mi chiede se può farmi una domanda.

Nel dibattito molti interventi hanno sottolineato come oggi sia cruciale l’educazione al rispetto tra i generi, fin dall’asilo, per combattere gli stereotipi, il sessismo, la violenza e quanta responsabilità abbiano i padri e le madri, prima ancora che la scuola e il resto della società.

“Ho 49 anni, – mi spiega lo sconosciuto-, sto ancora cercando di capire me stesso, la mia sessualità, le emozioni del mio corpo per comprendere meglio anche quello della mia compagna – racconta.- Spesso ho dubbi, angosce, indecisioni e mi domando come, (e cosa), possa trasmettere ai miei figli, che ora sono piccoli, sulla sessualità e sulle relazioni se l’unica certezza che ho è quella di essere così inadeguato, nonostante sia un adulto e un padre.”

La condivisione mi ha profondamente colpita: in questi anni di incontri, seminari e formazione l’eredità che ho ricevuto è racchiusa in questi piccoli ma intensi scambi intimi con donne e uomini sconosciuti.

“Questo. Ciò che mi sta dicendo è l’esempio e l’insegnamento più prezioso che può lasciare ai suoi figli. I suoi dubbi, l’autenticità di un padre e di un uomo che non smette mai di imparare e di fare domande, senza vergognarsi del fatto che su molte cose non ha ancora certezze” – gli ho risposto.

Tornando a casa sotto un’inedita nevicata sulle alture liguri (in Trentino non c’era un fiocco) ho connesso questo episodio con la notizia della campagna sui social network, lanciata da un giovane turco rivolta agli uomini turchi: #ozgecanicinminietekgiy , che significa ‘indossa una gonna per Ozgecan’.

Aslan Özgecan, studentessa di 20 anni, è stata violentata e uccisa il 13 febbraio scorso da un uomo che ne ha poi bruciato il corpo. In occasione dei funerali le donne hanno portato a braccio la bara, ribellandosi all’esortazione del presidente turco Erdogan, la cui politica ha impresso una stretta autoritaria e islamista al paese, che le aveva dissuase dallo scendere in piazza.

L’attuale clima oscurantista della Turchia, dove nel 2014 i casi di violenza sono aumentati del 40% rispetto all’anno precedente, è risultato ancora più chiaro quando è trapelata la notizia, a pochi giorni dal femminicidio di Aslan, della proposta della direttrice di un liceo di creare gruppi di ragazzi ‘molestatori’ per dissuadere le ragazze che vestono gonne troppo corte.

Empatia: è l’emozione suscitatami dal breve scambio con il padre trentino e che sento nell’iniziativa del giovane turco Erkan Dogan, che ha lanciato su facebook e twitter la campagna in minigonna per smuovere le coscienze degli uomini turchi contro la violenza maschile. Empatia, (che non è amore, ma riconoscimento della comune radice e scelta di ascolto) ho visto nei cordoni protettivi creati dai ragazzi a piazza Tahrir, due anni fa, intorno alle amiche e compagne che li avevano raggiunti per manifestare, nonostante le violenze di altri uomini che non volevano le donne con loro.

Erkan si è messo nei panni delle ragazze, in her shoes, rischiando il ludibrio da parte della cultura patriarcale turca, così come il padre italiano che non smette di farsi domande ha scelto di svestire il ruolo di ‘pater’ familias, tradendo lo stereotipo della virilità fatta di certezze e punti fermi.

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