Un padre scrive una lettera al Corriere della Sera. Sua figlia quattordicenne, membro della JuniOrchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, è tornata a casa in lacrime. Era stata chiamata, insieme ai suoi compagni, a suonare per l’iniziativa “La Buona Scuola” organizzata dal Pd. Hanno suonato tra l’indifferenza generale, il vociare di tutti, anche del premier Renzi e del ministro dell’Istruzione. Loro, i ragazzi cioè, erano lì a dare prova di talento e coloro che dicono di voler promuovere il talento, che hanno organizzato l’evento proprio a questo fine, dimostravano quanto fosse maestoso il castello dell’ipocrisia.

La vicenda è una grande metafora dei vizi della politica: non sa ascoltare, non vuole ascoltare. Ed è una testimonianza di una seconda verità: non riesce a mostrarsi sincera nei suoi comportamenti. Invoca regole per tutti ma predispone deroghe per sé stessa.

Siamo condannati a subire una propaganda permanente, un’ininterrotta sequela di falsi, una manipolazione costante della realtà. Abbiamo oramai un’enciclopedia completa di casi in cui chi governa assoggetta la realtà ai suoi desideri. E’ successo nei grandi eventi della storia recente, come quando l’Occidente decise la guerra in Iraq falsificando la motivazione del suo agire, e accade per questioni meno decisive per l’umanità ma nient’affatto secondarie.

Ecco, siamo tutti destinati a essere un po’ come questi giovani musicisti del Santa Cecilia. Invitati a suonare la grancassa della “buona scuola” e poi dileggiati dai “direttori d’orchestra”.

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