Dopo un'ispezione nella primavera 2014, la Commissione di vigilanza delle società di calcio professionistiche scoprì i buchi nel bilancio della società ducale e suggerì alla Federcalcio di monitorare attentamente la situazione per evitare il crack. La Federazione escluse il club dall'Europa League, ma permise di iscriversi ugualmente al campionato. "Noi ci occupiamo solo del piano sportivo. Quanto alle iscrizioni, la precedente gestione ha abbassato i requisiti"
La Figc sapeva tutto. Sapeva che il Parma aveva degli enormi debiti alle spalle, che non stava pagando gli stipendi ai calciatori e che il crack finanziario era un rischio concreto. E lo sapeva da quasi un anno: un’ispezione della Co.Vi.So.C. (Commissione di vigilanza delle società di calcio professionistiche) nell’aprile 2014 aveva portato all’attenzione della Federcalcio la grave situazione della società. Mettendo nero su bianco il consiglio di un “attento monitoraggio” e la necessità di un “intervento sull’andamento economico”. Ma l’allarme è rimasto inascoltato: nessuna conseguenza concreta a parte l’esclusione dall’Europa League. Le ispezioni successive non rilevarono ostacoli all’iscrizione del Parma al campionato: forse non furono fatti tutti gli approfondimenti dovuti, ci si accontentò di verificare la sussistenza dei (pochi, e recentemente abbassati) requisiti d’ammissione. “Perché questa è la normativa e ciò che prevede il sistema”, spiega la Figc. “Probabilmente data la situazione di crisi generale è arrivato il momento di rivederlo”. Ma adesso la Serie A rischia di essere falsata.
DEBITI FUORI CONTROLLO
Ilfattoquotidiano.it è entrato in possesso della relazione stilata il 17 aprile 2014 dai tecnici che passarono al setaccio i libri contabili del Parma. E il documento mette in risalto gli enormi debiti, specie nei confronti dei fornitori, superiori ai 33 milioni di euro. Ci sono anche 47 milioni di debiti finanziari e tributari, ma quelli non sono un’anomalia assoluta nel panorama calcistico. Diverso il discorso per le pendenze nei confronti di parti terze: i fornitori di una squadra di calcio sono i più disparati, si va dal carburante alle bollette, dagli steward ai materiali tecnici. Tutte scadenze a breve termine, che possono sfociare nella messa in mora o nel pignoramento e paralizzare l’attività sportiva (quanto appunto sta accadendo in questi giorni). E la cifra elevata dimostra che non si trattava di un semplice ritardo: la società non pagava da tempo, forse addirittura un anno. Certo, c’erano anche 70 milioni di crediti: ma per la maggior parte già impegnati, e non verificati come esigibili. Mentre il fondo di svalutazione (che serve ad attutire il loro mancato rientro), era praticamente nullo: appena 280mila euro.
GLI STIPENDI NON PAGATI E LE FALLE DEL SISTEMA
Il problema è che il sistema di verifica dei requisiti per l’iscrizione al campionato di Serie A e Serie B prende in considerazione solo le obbligazioni nei confronti dei propri tesserati, non di parti terze (al contrario della Lega Pro, dove l’esame è più ad ampio raggio). E la Lega ha puntualizzato come a giugno scorso la società risultasse in regola nella corresponsione degli emolumenti. “Le condizioni di ammissione sussistevano”, si legge nel comunicato di difesa di sabato scorso, in cui via Rosellini sostiene che “il sistema italiano è uno dei più efficienti d’Europa”. Nell’ispezione di aprile, però, qualcosa non tornava anche sul fronte delle retribuzioni: “L’ultimo stipendio interamente corrisposto è quello del mese di dicembre 2013”, si legge nel verbale. Un ritardo di tre mensilità, quando di solito c’è una latenza di trenta giorni nei pagamenti. Evidentemente nel mese successivo la società si rimise in regola per l’iscrizione. Ma una prima avvisaglia del disastro c’era stata, anche sui requisiti previsti.
L’APPELLO DELLA CO.VI.SO.C. ALLA FIGC
Era certo che il Parma sarebbe fallito? “Dipende”, spiega a ilfattoquotidiano.it una fonte interna alla Co.Vi.So.C., che chiede di mantenere l’anonimato. “Spesso nelle società calcistiche si aprono delle voragini che poi vengono ripianate dai presidenti. Purché però ci sia questo intervento”. Mentre era lecito nutrire dubbi a riguardo: l’investimento infruttifero della controllante risultava invariato rispetto al precedente controllo. “Sintomo del fatto che la società non voleva mettere soldi per ripianare la pendenza. O forse non poteva”. Senza dimenticare altri elementi inquietanti, come ad esempio un elevato contenzioso fiscale e civile, pendenze milionarie con i procuratori, scostamenti anomali tra il budget d’esercizio e i report semestrali. “Un quadro complessivo molto chiaro per chiunque è esperto di bilanci: c’era una preoccupante mancanza di equilibrio nei margini di liquidità. E la Federcalcio ne fu informata”, aggiunge l’esperto. Infatti le conclusioni del verbale sono esplicite. Fu inserito addirittura un paragrafo al di fuori dei format utilizzati normalmente, proprio per sottolineare la gravità dei numeri. Si evidenziava che, “nonostante la rilevante perdita accusata, non sono stati adottati i provvedimenti previsti dall’art. 2446 del codice civile”. E i tecnici stigmatizzavano la “situazione di sofferenza finanziaria”, suggerendo “un attento monitoraggio”. Da parte di chi? Della Federazione ovviamente, unico destinatario delle relazioni della Co.Vi.So.C., organo previsto dalle norme organizzative federali, che esercita una funzione di controllo sull’equilibrio economico-finanziario delle società allo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati. Appunto.
LE CONSEGUENZE DELL’ISPEZIONE
Sola conseguenza di quell’ispezione, invece, fu l’esclusione del Parma dall’Europa League. Ma la sostanza dell’appello dei tecnici cadde nel vuoto, se è vero che nelle visite successive non furono trovate anomalie. Solo ad ottobre sarebbero stati infranti anche i parametri previsti dalle normative e sarebbero scattate le prime sanzioni: troppo tardi. “La Figc avrebbe potuto disporre degli approfondimenti su alcune voci, come la disponibilità della controllante, l’esigibilità dei crediti, l’adeguatezza del fondo di svalutazione. Io non so se fu fatto, ma posso dire che con dei controlli veri oggi non saremmo a questo punto”, conclude la fonte interna alla Co.Vi.So.C.. Oggi uno degli ispettori che stilò quel rapporto preferisce non commentare la vicenda: “Chiedete alla Figc”. E la risposta della Federazione è semplice: “Dalla riforma del ’96 la Figc si occupa di ciò che riguarda il piano sportivo e non può intervenire sugli aspetti gestionali delle società: la sua competenza si esaurisce nella verifica dei requisiti per l’iscrizione. Nel momento in cui il Parma li rispettava non potevamo fare nulla, quando li ha sforati siamo intervenuti. Questi parametri – aggiungono da via Allegri – in passato erano più stringenti e su imput della precedente gestione, in accordo con la Lega, sono stati abbassati. Il presidente Tavecchio ha già dichiarato di volerli rivedere e forse una prima proposta di modifica potrebbe essere presentata venerdì”. Un anno dopo, però, Lega e Federcalcio cercano disperatamente un modo per far concludere al Parma quel campionato a cui loro stesse hanno permesso di iscriversi. Evidentemente il sistema non è poi così “efficiente”.