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Pd, Pinotti: “Nei partiti donne vs donne. Quella riunione a Genova per farmi fuori”

Il ministro della Difesa nel libro di Maria Latella (Feltrinelli) racconta la sua esperienza. Tante le storie delle "ragazze Alfa", da Paola Cortellesi a Laura Boldrini fino a Barbara Berlusconi

di Davide Turrini

“Nei partiti i gruppi femminili sono il più grande freno all’avanzata delle donne”. A dirlo in “Le donne di potere”, il nuovo libro di Maria Latella in libreria da il 25 febbraio 2015 per Feltrinelli, è il ministro della Difesa del governo Renzi, Roberta Pinotti. L’episodio che riemerge dalla memoria recente della politica genovese, classe ’61, scuderia Pd, è di quelli che rimangono indelebili a livello personale e segnano un precedente che ha poco a che fare con le battaglie dei partiti di sinistra italiani in favore dell’emancipazione delle donne. Il casus belli risale a fine anni novanta, proprio tra i democratici; così lo ricorda il ministro Pinotti: “Anni fa, a Genova, bisognava decidere le candidature per il Parlamento. Gli uomini del partito vengono a sapere che corre anche il mio nome. Così organizzano una bella riunione con ben quaranta donne. Mai vista prima una tale mobilitazione. Aspettavo la mia seconda figlia. Lo scopo, l’ho capito dopo, era far pronunciare a loro la sentenza: ‘La Pinotti non può candidarsi’. Se l’avesse detto un maschio, sarebbero nate chissà quali polemiche. La riunione comincia, e l’allora responsabile femminile dei Ds prende la parola: ‘Lei è incinta. Se si candida dimostra di non avere il senso del limite’ ”.

Cover Latella[1]

Poi la decisione di reagire: “Io, figlia di un operaio che mi aveva cresciuta dicendomi ‘le donne sono come gli uomini, non permettere a nessuno di metterti un limite’, non potevo accettarlo. Hanno usato la mia gravidanza per ostacolarmi. E non eravamo a una riunione di Forza Italia – continua Pinotti nel capitolo che le dedica la Latella – Quelli erano i Ds degli anni novanta”. La testimonianza della politica genovese è una delle tante voci e dei ritratti proposti nel libro: dall’attrice Paola Cortellesi all’avvocato più richiesto dai potenti d’Italia, Paola Severino; dalla presidente della Camera Laura Boldrini alla magistrata Lucia Aielli, minacciata dalla camorra; dalla stilista Frida Giannini al ministro Madia e a Barbara Berlusconi.

Le chiama le “donne Alfa” la conduttrice di Sky Tg24, già direttrice del settimanale Anna, e ne esamina la carriera mentre questa si specchia di continuo nella vita privata fatta di equilibri familiari, paure, perfino insuccessi: “Mi ero candidata a sindaco di Genova. Me lo avevano chiesto – continua Pinotti – Nel 2012 mi sono presentata alle primarie. Sono arrivata terza, dopo Marco Doria e Marta Vincenzi. Non lo nego, ho sofferto molto. Non tanto e non solo per non avercela fatta, ma perché il mio era stato davvero un gesto disinteressato, non era quello che in fondo avrei voluto fare. Invece, a sentire certi commenti, sembrava avessi corso per tentare di strappare una poltrona a fine carriera. La sofferenza era soprattutto frustrazione per non essere stata capita: a spingermi, prima di tutto, era stato il senso del dovere. Un’esperienza, ripeto, molto dolorosa”.

La Pinotti racconta anche le origini del proprio impegno politico iniziato “renzianamente” tra gli scout dell’Agesci, ma di “sinistra”: “La passione politica esisteva da sempre, al liceo ero in un gruppo scout di sinistra, ma non facevo vita di partito. Le organizzazioni giovanili, anche quelle dell’allora Pci, mi sembravano eterodirette, rigide, e io sono sempre stata molto indipendente. Poi, all’università mi sono occupata di politica sempre meno. L’interesse si è riaffacciato più tardi. Era il 1989, il Pci si preparava alla svolta della Bolognina e ci chiesero di candidare qualcuno tra i capi scout. I nomi proposti furono tre, quello di mio marito, già impegnato in altre attività, quello di un sindacalista e poi il mio. È successo così, mi hanno candidato senza che io avessi pianificato un cursus honorum”. Oggi Roberta Pinotti è ministro della Difesa.

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