Nei campi di sterminio non c’erano solo gli ebrei. Certo niente può essere paragonabile al peso e al senso della persecuzione ebraica, ma perché dimenticare gli altri? Nei campi di sterminio c’erano gli omosessuali, i Sinti, i Rom, i testimoni di Geova e anche i prigionieri politici che non fanno più parte della memoria collettiva. I gay portavano sulla divisa un triangolino di tessuto rosa e le lesbiche un triangolino nero; erano 50.000, senza contare le vittime omosessuali del programma tedesco “notte e nebbia” che faceva sparire gli indesiderabili senza lasciare tracce.
Nel nostro Paese nessuno ricorda questa persecuzione nelle rituali ricorrenze, non se ne parla nelle scuole, né sui giornali (escluso il nostro), né meno che mai in televisione, come non si ricordano i bimbi sinti o rom finiti nelle camere a gas. I Rom e i Sinti portavano il triangolino marrone e furono uccisi in 500.000 con il lavoro forzato e le camere a gas. “Porajmos” nella loro lingua è il termine usato per dire lo sterminio della loro gente.
E poi c’erano i politici: dei 40.000 deportati italiani, più di 23.000 erano politici (22.204 uomini e 1.514 donne) Ne furono uccisi 10.129. A questi uomini e a queste donne noi dobbiamo se la più formidabile Resistenza in Europa è stata quella italiana: solo in Italia per esempio fu possibile organizzare due scioperi generali durante l’occupazione – nel ’43 e nel ’44 – contro la guerra e per il blocco dei rifornimenti tedeschi, coinvolgendo 500.000 lavoratori, solo nel nostro paese alcune città – come Napoli, Genova e Milano – furono liberate dalla Resistenza e non dagli Americani. A loro dobbiamo un clima che consentì dopo la Liberazione di scrivere una delle più belle Costituzioni del mondo.
A questi uomini e a queste donne, con il triangolino rosso e la scritta IT sulla divisa a righe, e ai nostri 180.000 partigiani dobbiamo il nostro onore ritrovato.