Siria, Iraq, Gaza, Nigeria, Repubblica Centrafricana. Migliaia di vittime, la maggior parte civili, e milioni di rifugiati, con “la comunità internazionale che è rimasta assente”. Nel suo rapporto 2014-15, Amnesty International punta il dito soprattutto contro l’immobilismo che, sostiene l’organizzazone, ha caratterizzato l’attività della politica internazionale e delle Nazioni Unite anche di fronte a episodi di estrema violenza, crimini di guerra e contro l’umanità e pulizia etnica. “I politici di tutto il mondo hanno miseramente fallito nel compito di tutelare coloro che avevano più bisogno d’aiuto”, lasciando campo libero, si legge nel report, ai crimini commessi da gruppi armati non statali come lo Stato Islamico, Al Shabaab o Boko Haram e anche da alcune milizie governative, come in Siria e in Nigeria.
Onu, il Consiglio di sicurezza “rimane a guardare”
Ѐ l’immobilismo delle organizzazioni internazionali l’aspetto che preoccupa maggiormente Amnesty International. Non sono bastate, scrivono, le oltre 200mila vittime della guerra civile siriana e i circa 11,6 milioni di sfollati, sia all’interno che all’esterno dei confini nazionali, per far sì che i caschi blu si mobilitassero in difesa dei civili: “Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – dicono – non è intervenuto ad affrontare la crisi siriana negli anni precedenti, quando ancora sarebbe stato possibile salvare innumerevoli vite umane”. Stessa cosa si può dire per la situazione parallela dell’Iraq, dove Isis “ha compiuto rapimenti, uccisioni sommarie assimilabili a esecuzione e una pulizia etnica di proporzioni enormi”.
Questa situazione, scrive Amnesty, è in gran parte dovuta al fatto che i cinque membri permanenti hanno diritto di veto sulle attività del Consiglio di sicurezza: basta che uno tra Stati Uniti, Cina, Francia, Regno Unito e Russia si astenga dal voto per bloccare tutte le attività. “C’è una misura evidente e concreta – continua il rapporto – che attende solo di essere adottata: Amnesty International ha accolto con favore la proposta, attualmente appoggiata da circa 40 governi, di dotare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di un codice di condotta che preveda l’astensione volontaria dal ricorso al veto in situazioni di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, per non bloccare l’azione del Consiglio di sicurezza”. In poche parole, l’organizzazione chiede che ai membri sia permesso, in casi di particolare gravità, di astenersi dal voto senza così impedire al Consiglio di sicurezza di portare avanti le proprie attività.
Italia, tra emergenza migranti e discriminazioni contro i Rom
La comunità internazionale, denuncia l’organizzazione, è rimasta a guardare anche quando si trattava di dare “assistenza diretta a milioni di persone in fuga dalla violenza che inghiottiva villaggi e città”. Questo non è successo solo in Siria, però, ma anche sulle nostre coste, nel Mediterraneo, dove l’Italia si è trovata ad affrontare praticamente da sola l’emergenza migranti: “La mancanza di supporto – si legge – di alcuni stati membri dell’Unione Europea nelle operazioni di ricerca e soccorso ha contribuito allo sconvolgente tributo in termini di vite umane”. Il nostro Paese ha dovuto far fronte allo sbarco di 170mila persone, tra cui 10mila minori, ma non è riuscito a impedire, anche a causa di un “impegno unilaterale”, che 3.400 migranti morissero durante la traversata. Coloro che sono riusciti a sbarcare, inoltre, non hanno trovato centri d’accoglienza adeguati.
Altro problema crescente in Italia è quello delle discriminazioni nei confronti delle comunità di etnia Rom presenti nel Paese. “Migliaia di famiglie Rom – dice Amnesty – hanno continuato a vivere in condizioni precarie in campi e centri segregati, tra cui più di 4000 persone solo a Roma. Il governo non è stato in grado di attuare la strategia nazionale per l’inclusione dei rom, soprattutto per quanto riguarda l’accesso a un alloggio adeguato”. Su quest’ultimo aspetto, la Commissione europea ha svolto un’indagine su possibili violazioni da parte dell’Italia della direttiva Ue sull’uguaglianza razziale.
Europa, verso una “nuova Guerra Fredda”
La crisi umanitaria arriva fin dentro i confini europei, con l’Ucraina che potrebbe rappresentare, secondo il report, l’inizio di una “nuova Guerra Fredda”: “Oltre 100 persone sono state uccise quando la protesta di Euromaydan ha raggiunto la sua sanguinosa conclusione a febbraio. A fine anno, almeno altre 4mila, molte delle quali civili, avevano perso la vita a causa dei combattimenti in Ucraina orientale”.
Gli scontri tra militari di Kiev e filorussi hanno causato gravi perdite tra i civili che abitano le aree orientali del Paese, dove il conflitto è ancora vivo nonostante i numerosi cessate il fuoco proclamati. “Entrambe le parti – continua il report – si sono rese responsabili di una serie di violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario, compresi i bombardamenti indiscriminati, che hanno provocato centinaia di vittime civili”.