Scienza

Le dipendenze sono malattie?

C’è una crescente consapevolezza sia nell’ambiente medico che in quello della giurisprudenza che molti comportamenti autolesivi e socialmente dannosi, dall’etilismo all’assunzione di stupefacenti, dalla tendenza compulsiva al gioco d’azzardo alla dipendenza da videogiochi, debbano essere considerati come malattie specifiche, vere e proprie sindromi costituzionali di dipendenza. Gli studi sono complessi e non completamente concordanti tra loro. Fare il punto sulla questione è abbastanza difficile, tanto più che le dipendenze aumentano con la disponibilità di stimoli sociali: un post recente su questo giornale citava la dipendenza da Internet.

Gli studi classici sulla dipendenza da droghe ed alcol, suggeriscono che ci sia una familiarità in questi comportamenti. L’aumentata frequenza all’interno di alcune famiglie potrebbe essere dovuta sia a fattori genetici o comunque biologici (epigenetici), sia a fattori ambientali: i membri della stessa famiglia condividono geni e ambiente. Per risolvere il dubbio se i fattori predisponenti siano genetici o ambientali si usano due tipi di studi epidemiologici: sui bambini dati in adozione (che potrebbero conservare il rischio di ammalare proprio della famiglia di origine se i fattori predisponenti sono genetici, o acquisire il livello di rischio della famiglia adottante se i fattori sono ambientali) e sui gemelli monozigoti e dizigoti (i gemelli condividono, presumibilmente, lo stesso ambiente, quindi una maggiore concordanza nella malattia dei gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti indica la predominanza dei fattori genetici su quelli ambientali). Studi di questo tipo attribuiscono ai fattori genetici un peso di circa il 50% nel determinare la dipendenza da farmaci, droghe o alcol (si veda ad esempio questo articolo).

Purtroppo però per ora nessun gene specifico è stato associato alle dipendenze: il tratto è chiaramente multigenico, forse con un rilevante contributo di fattori epigenetici. Inoltre, come per tutti i disturbi multigenici, il ruolo dei fattori ambientali, pur se incompletamente quantificato, è tutt’altro che irrilevante. Nell’etilismo sono stati individuati come fattori predisponenti, tra gli altri: alcune varianti dell’enzima alcol deidrogenasi e alcuni geni implicati nel metabolismo o nel funzionamento di neuromediatori quali il Gaba e la dopamina. Questi ultimi sarebbero rilevanti anche per alcune dipendenze da stupefacenti e potrebbero quindi avere un ruolo generico, in dipendenze disparate.

Identificare una “malattia da dipendenza” è importante per due ragioni: in primo luogo una malattia, a volte, è curabile, e ci sono già molte indicazioni sul fatto che alcuni farmaci possano essere usati nel trattamento delle dipendenze (ad es. il nalmefene nella terapia dell’etilismo; gli antidepressivi nella terapia del gioco d’azzardo e della dipendenza da Internet); in secondo luogo una malattia riduce l’imputabilità di un comportamento socialmente dannoso e cambia la valutazione giuridica su un comportamento.

Un aspetto di grande interesse è la relazione tra il substrato biologico-genetico e l’aspetto psicologico-compulsivo della dipendenza: la predisposizione biologica si traduce nel desiderio smodato e nell’incapacità di autocontrollo avvertiti a livello cosciente dal soggetto, e spesso stigmatizzati dal malato stesso, e dalla società, come debolezza della volontà. Il fatto che si possano identificare tratti psicologici comuni in soggetti che presentano dipendenze diverse è una ulteriore indicazione alla possibile esistenza di fattori predisponenti genetici a loro volta comuni a dipendenze diverse.