Il pubblico ufficiale che omette o ritarda un atto del suo ufficio per ricevere denaro o altra utilità rischia fino a 10 anni (e non più 8). Slitta ancora la discussione in Aula del testo del provvedimento. Ostruzionismo di Forza Italia
Salgono a sei e dieci anni le pene (minima e massima) per i pubblici ufficiali che compiono il reato di corruzione propria. È quanto ha deciso la commissione Giustizia al Senato approvando un emendamento del governo al ddl Anticorruzione. Mentre ancora dall’esecutivo non arrivano informazioni sul falso in bilancio (la modifica potrebbe essere discussa direttamente in Aula), si sono interrotti i lavori sul testo. E’ saltata la seduta notturna ed è slittata a martedì 3 marzo la discussione. Forza Italia continua con l’ostruzionismo e rimangono irrisolti ancora una volta i nodi del disegno di legge. L’obiettivo di maggioranza e governo è di portare il testo in aula giovedì della prossima settimana.
“Abbiamo decretato”, ha detto il presidente Nitto Palma (Fi), “la sospensione dell’esame per permettere al relatore il riordino della materia. In base all’emendamento approvato il reato di corruzione sarebbe infatti più rilevante della corruzione in atti giudiziari. Se il governo ci avesse pensato prima, senza pensare solo allo stop dell’aumento della pena da 6 a 10 anni, sarebbe stato meglio”. Secondo il senatore M5S Maurizio Buccarella, Forza Italia approfitta di ogni spunto per fare ostruzionismo e rimandare l’arrivo del testo in Aula.
Secondo l’emendamento votato oggi infatti, aumentano gli anni di carcere per il reato previsto dall’articolo 319 del codice penale: “Il pubblico ufficiale – si legge nella norma così come modificata – che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa” è punito con la reclusione da sei a dieci anni (invece che 4 e 8). Ieri in commissione era passata la proposta M5S per l’aumento della pena per i pubblici ufficiali che commettono il reato nell’esercizio delle proprie funzioni per concedere un atto dovuto.
E’ stato inoltre bocciato l’innalzamento della pena minima e massima per il reato di induzione indebita da parte dei pubblici ufficiali: dunque carcere per un minimo di tre anni e un massimo di otto. La Commissione ha cancellato una parte dell’articolo 1 del ddl Anticorruzione, che nella versione originaria prevedeva l’inasprimento delle pene. Gli emendamenti identici approvati sono a firma del senatore Gal, Lucio Barani, e a prima firma del senatore di Forza Italia, Giacomo Caliendo. Quindi – con la modifica – il testo dell’articolo 319 quater del codice penale rimane quello tutt’ora in vigore: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni” e non da quattro a dieci come prevedeva il testo originario del ddl. Con la modifica inoltre viene riportata in vita il secondo comma dell’articolo 319 quater: “Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni”.
Prima l’Autorità affidata a Cantone. Poi i commissariamenti col decreto Madia. Adesso aumentiamo le pene per i corrotti #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) February 25, 2015