“La notizia non è vera, non c’è l’accordo di cui si è scritto. Continuiamo a cooperare con le autorità fiscali“. Google smentisce la notizia pubblicata dal Corriere della Sera secondo cui avrebbe raggiunto un accordo col fisco italiano per 320 milioni di euro.
Soldi da versare all’erario che corrispondono al 40% dell’imponibile contestato da Entrate e procura per il periodo compreso tra il 2008 e il 2013 in 800 milioni. Tutti proventi incassati dal gigante di Mountain View per le attività svolte in territorio italiano ma trasferiti in altre nazioni, come l’Irlanda, dove il colosso web ha una delle sue più importanti filiali e dove la tassazione, fino a pochi mesi fa, era più favorevole.
E smentisce quanto pubblicato dal Corriere anche il procuratore della Repubblica di Milano, Bruti Liberati che, pur confermando che sono in corso indagini fiscali nei confronti del gruppo, all’esito delle quali “saranno tratte le valutazioni conclusive”, ha puntualizzato che “non sono state perfezionate intese con la società”.
Secondo la ricostruzione del quotidiano di Via Solferino, a pesare sulla decisione – poi smentita – anche l’indagine avviata dalla Finanza e dai pm di Milano, che avrebbe dimostrato come gli incassi pubblicitari realizzati da Google in Italia venivano prima fatturati negli uffici irlandesi, quindi fatti risultare nella sede olandese e da lì girati nel paradiso fiscale delle Bermuda. Da ricordare anche la decisione del governo di Dublino che ha tassato completamente gli introiti fatti pervenire nel paese dalle multinazionali, anche se non realizzati sul territorio e di non consentire più a giganti di web e hi-tech di girare gli incassi totalizzati grazie ad attività svolte sul territorio dell’Unione Europea verso altri Stati in cui l’imponibile è praticamente “azzerato”.
Per quanto riguarda la procura di Milano, in un comunicato Bruti Liberati ha chiarito che “sono in corso indagini nei confronti del gruppo Google” e che le risultanze degli accertamenti dell’indagine penale “sono state trasfuse nell’attività di verifica fiscale in corso della Guardia di Finanza, previo il nulla osta rilasciato dalla procura in data 24 settembre 2014″. Successivamente, spiega ancora il procuratore, “nell’ambito dell’attività ispettiva è stato intrapreso il contraddittorio con i rappresentanti del gruppo Google e i relativi consulenti con riguardo alle annualità dal 2008 al 2013″.
In merito al presunto accordo, il procuratore precisa che “allo stato delle attività di controllo non sono state perfezionate intese con la società, che si è riservata di fornire dati ed elementi che consentano di identificare la redditività in Italia delle proprie attività economiche. All’esito – conclude Bruti Liberati – saranno tratte le valutazioni conclusive sia sotto il profilo fiscale che sotto il profilo della qualificazione penale”.