Della seconda metà degli anni ’70 ricordiamo New York, New York (id) di Martin Scorsese, del 1977, con Robert De Niro e Liza Minnelli in cui veniva ricostruita magistralmente l’atmosfera musicale degli anni della guerra attraverso il sound di Tommy Dorsey.
Dagli anni ’80 in poi ricordiamo Round Midnight (id) di Bertrand Tavernier, del 1986, con il tenorsassofonista Dexter Gordon (diventato attore per l’occasione e quasi sul punto di conquistare il Leone d’Oro a Venezia); Bird (id) di Clint Eastwood, del 1988, con Forest Whitaker nella parte di Charlie Parker; Mo’ Better Blues (id) di Spike Lee, del 1990, con Denzel Washington, e infine Bix, an interpretation of a legend (Bix, un’ipotesi leggendaria) di Pupi Avati, sempre del 1990, con Bryan Weeks nella parte di Bix Beiderbecke ed Emil Levisetti in quella del violinista italo-americano Joe Venuti.
Pupi mi chiamò per scrivere questo film assieme a lui e al fratello Antonio, pregandomi inoltre di produrre la colonna sonora del film, che realizzai a Roma con il supporto di alcuni grandi musicisti provenienti dagli Stati Uniti. Per gli arrangiamenti chiamai Bob Wilber, che nel 1984 aveva curato la colonna sonora di Cotton Club (id) di Francis Ford Coppola e con Richard Gere .
Girammo il film negli Stati Uniti, a Davenport (città natale di Bix), nell’ Iowa, a Chicago e in alcune località dell’Illinois. Le sequenze in casa Beiderbecke furono girate nella stessa dimora in cui Bix visse da ragazzo e gran parte degli episodi che scrissi mi erano stati raccontati molti anni prima dal violinista Joe Venuti (con il quale suonai a lungo negli anni ’70), che fu accanto a Bix dal 1924 al 1931, anno in cui scomparve all’età di 28 anni.
E arriviamo ai lavori più vicini al nostro tempo. I film più recenti in ambito jazzistico sono stati Kansas City (id), del 1996, diretto da Robert Altman e con Jennifer Jason Leigh e Harry Belafonte, e Sweet and Lowdown (Accordi e disaccordi) di Woody Allen. Nel primo, il jazz fa da sfondo a una drammatica vicenda ambientata nel 1933; l’altro è invece una storia di fantasia che racconta le ‘disavventure’ musicali, in epoca anni ’30, di un chitarrista di nome Emmet Ray interpretato da Sean Penn. Emmet, alla continua ricerca del successo, è ossessionato dalla presenza del grande chitarrista francese Django Reinhardt, a cui si sente secondo. La sua esistenza non brilla certo di grandi emozioni artistiche e di riconoscimenti affogando i suoi dispiaceri bevendo, giocando, suonando in locali di terza categoria e passando da una donna all’altra senza grandi emozioni. La musica però nel film è ad alto livello grazie ad Howard Alden, che ha prestato le sue dita alle corde della chitarra imbracciata da Sean Penn.
Negli ultimi anni ho suonato spesso con Howard Alden e nel cd che abbiamo inciso assieme per la Jazzology (pubblicato negli Stati Uniti) ha suonato E for Emmett, brano scritto per il film dal pianista Dick Hyman ma poi non utilizzato.
E così siamo arrivati alla fine di questa lunga cavalcata che ci ha permesso di imbatterci in alcune delle grandi figure di questa musica, che considero una delle due nuove arti del ‘900; l’altra è il cinematografo, e così come il cinema deriva dal teatro usando mezzi differenti, il jazz deriva dalla musica, ma usa un linguaggio profondamente diverso in cui gli unici veri artisti non sono i compositori bensì gli esecutori, che attraverso l’improvvisazione, l’inventiva, lo swing, il feeling, sono riusciti a creare una grande arte musicale.