Leggo delle grandi ironie, in rete, riguardo un certo comportamento non propriamente signorile da parte di Katy Perry nel corso di una sua incursione a Firenze e dintorni, nei giorni del suo passaggio italiano per il concerto del Mediolanum Forum di Milano.

Non fate i finti tonti, sapete esattamente di cosa sto parlando. Le foto che la vedono indicare il pistolino del David di Michelangelo (non di Donatello, come improvvidamente ha scritto un quotidiano di tiratura nazionale), quelle in cui fa una faccia schifata di fronte alla Venere di Botticelli, e quella in cui, giocando con le prospettive, simula una fellatio alla Torre di Pisa. Foto, diciamolo apertamente, che ce la fanno apparire come la tipica turista americana di fronte alla quale chiunque tra noi, anche chi piange lacrime amare come o’ zappatore di fronte a una di quelle stucchevoli scenette messe su da Maria De Filippi per C’è posta per te si sente presidente ad honorem dell’Accademia della Crusca, amante delle lettere e delle belle arti, scrigno della nostra cultura millenaria.

Nailed it III @myassistant

Una foto pubblicata da KATY PERRY (@katyperry) in data:

Katy Perry, di colpo, è diventata niente più che la tipica ignorante villica a stelle e strisce, tipo quelli ritratti da Grant Wood in American Gothic.
Qualcuno, malizioso, ha anche citato un certo studio pubblicato in quella landa di ignoranti che ci dimostra come la stessa Perry, regina incontrastata di Twitter coi suoi oltre sessanta milioni di followers, ben di più di un qualsiasi Barack Obama o, per rimanere in musica, di una qualsiasi Lady Gaga, si sia in realtà avvalsa di una quantità impressionante di fake, due terzi del totale. Una vergogna. Una furbata.
Tana per Katy Perry, questo il messaggio.
Tana per Katy Perry l’ignorante americana.
Tana per Katy Perry quella che usa followers finti.

Ora. Non credo che la Katy Perry in questione abbia bisogno della mia difesa d’ufficio, e, confesso, la sua musica non rientra esattamente nel mio spettro immaginifico, come invece, è noto, rientra quella di Lady Gaga. Ma questa levata di scudi nei confronti della cantante di I kissed a girl, lo confesso, mi fa davvero ridere.

Poniamo il caso che davvero la Perry sia una villica ignorante, una che non capisce l’arte, che non apprezza la cultura, che se si trova di fronte la Torre di Pisa non ha di meglio da fare che fingere una fellatio giocando con le prospettive. Mettiamo pure che sia meno famosa di come sembra, perché i suoi followers in realtà sono solo ventidue milioni e rotti. Mettiamo tutto questo. Ma la domanda che mi pongo è: c’è uno solo tra quanti l’hanno condannata che la segue perché la ritiene la depositaria della nostra millenaria cultura? C’è uno che, muovendo il piede a tempo ascoltando Roar ha pensato anche solo per un secondo che in realtà non fosse quel motivetto facile ma irresistibile il motivo di quel muovere il piede a tempo, bensì le ore e ore passate presumibilmente dalla Perry al College? O c’è qualcuno che ha apprezzato, per dire, la copertina di Teenage dream perché ci ha rivisto il tratto sognante di Tamara de Lempicka o di un Gustav Klimt di turno, piuttosto che per quel paio di chiappe generosamente esibite, o, se vi piace il genere, per quei piedi sfrontati?

Perché io mi limito al motivo per cui la Perry è famosa e seguita, anche da noi, come dimostrano i numeri del Forum, sold out, la musica. Katy Perry ha creato un suo genere di pop music, ritmo incalzante, chitarrone vagamente distorte a tenere il ritmo appoggiate sulla batteria elettronica e sul basso, voce precisa, personale ma non invadente.
Un genere che, oggi, si chiama, appunto, alla Katy Perry. Niente di originale. Niente di avanguardistico.
Pop.
Da classifica.
Che vende milioni di copie.
Che procura milioni di followers. Certo, non sessantacinque milioni. Ma pur sempre ventidue milioni.

Chi di voi era al Forum, immagino, perché io non c’ero, avrà ben presente di cosa parlo. Chi, e qui posso dire “presente”, ha visto lo show di metà partita del Super Bowl non può che mettersi sull’attenti e battere le mani, altroché sfottò per foto sceme da tamarra e perculate per followers finti. Anche i nostri artisti italiani, come quelli di mezzo mondo, hanno oltre metà dei propri followers risultati fake, solo che qui si parla di centinaia di migliaia, non di decine di milioni, di veri come di falsi. Così come di dischi venduti. Di spettatori fatti ai concerti.
Quello show, cercatevelo su Youtube, riconcilia con l’idea di spettacolo. È gigantesco, faraonico, incredibile. Se esiste qualcosa che si avvicina allo stupore è lì, in quei pochi minuti di grande spettacolo. Lo guardi e pensi, ma noi una cosa del genere quando riusciremo mai anche solo a pensarla?
Mai, ti dici poi.
Mai.
Questo è il pop.
Noi facciamo al massimo la brutta copia della brutta copia.

Trovo curioso l’accanirsi contro un’artista pop. Perché il pop è per sua natura innocuo, e anche poco pretenzioso. Nessuno si aspetta molto da una popstar, nessuno può quindi recriminare.
Pensate che una che canta California Gurls non riuscirà mai a finire tra i candidati al Nobel, come molti credono capiti ogni anno a Bob Dylan (in realtà nessuno sa le vere candidature al premio svedese, fatevene una ragione, voi e Philip Roth)?
Non credo sia la fine del mondo. Il bello della musica è che nessuno ce la impone, alla faccia di Burgess e di Kubrick.

Pensate che indicare il pisellino del David sia una caduta di stile?
Poi però non sorridete sotto i baffi ai velati doppi sensi di Mara Venier e Signorini ogni volta che parlano di Rocco Siffredi. E soprattutto smettetela di digitare Katy Perry Terry Richardson su Google immagini.
Roar o Hot ‘n cold non vi piacciono?
Sentite Rihanna.
O Beyoncé.
O Bianca Atzei.
No, va be’, adesso non esageriamo.
Piuttosto non sentite niente.

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