Da almeno tre anni, gli ulivi del Salento continuano ad ammalarsi: sono colpiti dal “Complesso del disseccamento rapido”, causato da un mix di fattori, tra cui insetti, funghi e il batterio da quarantena “Xylella fastidiosa“, per la prima volta riscontrato in Europa. Così agricoltori e cittadini hanno manifestato a Lecce, bloccando la città. Secondo le stime del Cnr di Bari, è stato attaccato il 10 per cento dell’oliveto leccese. Il raccolto, nella zona del Gallipolino, si è ridotto del 70 per cento. Per la Cgil, sono a rischio 7.500 posti di lavoro. Le associazioni di categoria fanno fronte comune e chiedono che venga riconosciuto non solo lo stato di emergenza, già proclamato dal governo, ma anche quello di calamità, perché i coltivatori possano ottenere gli aiuti necessari per curare i terreni. La Regione Puglia, infatti, ha imposto l’obbligo, in capo a tutti i proprietari di particelle ricadenti nella “zona infetta” (pari al 90 per cento della provincia di Lecce), di effettuare potature degli alberi, trinciature delle erbe e arature. La spesa media per eseguire queste pratiche colturali è di mille euro ad ettaro, costi ritenuti insostenibili da aziende e famiglie. A partire da maggio, poi, si impongono trattamenti chimici che hanno scatenato non poche reazioni da una parte del mondo agricolo, degli ambientalisti e anche della Lega Tumori di Lecce, per gli impatti sanitari e ambientali che potrebbe provocare l’uso intensivo di pesticidi di Tiziana Colluto
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