Proprio mentre l’ambasciatore americano in Italia esorta a ripotenziare il reato di falso in bilancio perché la corruzione tiene lontani dall’Italia gli investitori internazionali, il presidente di Confindustria del Friuli-Venezia Giulia dice l’esatto contrario: “Le imprese sono preoccupate per la revisione delle norme sul falso in bilancio in quanto riportare l’intera materia nella fattispecie del reato penale potrebbe risultare eccessivamente punitivo con la conseguenza anche di scoraggiare ulteriormente imprenditori stranieri dall’investire in Italia”.
In sintesi, ecco il dilemma: le famose soglie di non punibilità penale quando il falso è inferiore al 5% dell’utile o all’1% del patrimonio netto, introdotte nel 2003 da Berlusconi e sostenute dal governo Renzi fino a un recentissimo ripensamento – sono un disincentivo o un incentivo a investire nel nostro Paese, cosa che darebbe sollievo all’economia e all’occupazione? L’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia John R. Phillips ha sostenuto, davanti agli allievi della Sant’Anna di Pisa, la prima tesi: il reato va “reintrodotto”, appunto perché collegato alla creazione di fondi neri necessari a pagare mazzette. Giuseppe Bono, leader degli imprenditori friulani, ha diramato una nota che propugna la tesi opposta. “Siamo favorevoli a una revisione della normativa, ma vorremmo una riforma equilibrata non un passaggio da un regime molto garantista ed uno estremamente punitivo”, si legge. Secondo la nota, firmata anche da Confapi Fvg, “introdurre norme penali punitive o ridurre le soglie di tolleranza significa non comprendere le dinamiche che sottendono la predisposizione del bilancio”. Perché nel bilancio, spiegano Coinfindustria e Confapi, ci sono elementi valutativi, e dunque “lo stesso bilancio redatto da tre soggetti diversi produce tre risultati diversi”.
La fibrillazione intorno al falso in bilancio è dovuta anche all’incertezza delle intenzioni del governo Renzi in materia. In un primo tempo l’esecutivo aveva presentato in commissione al Senato un emendamento che reintroduceva le soglie nel ddl anticorruzione, che le aveva eliminate, poi ha annunciato di volerle abbandonare modulando le pene secondo le dimensioni dell’azienda. Ma finora nessun testo è pervenuto in Commissione.