Un tentativo del governo di fare demagogia e “normalizzare la magistratura“. Si fa di ora in ora più aspro lo scontro tra il governo Renzi e i giudici, dopo l’approvazione della nuova legge sulla responsabilità civile delle toghe. La riforma ha un valore politico, hanno spiegato i vertici dell’Associazione Nazionale Magistrati in una conferenza stampa, e il “vero tema” è “il riequilibrio dei rapporti tra politica e magistratura”. Si tratta, denunciano di giudici, di un “tentativo di normalizzare la magistratura”.
“Con la riforma della responsabilità civile dei magistrati si compie un progetto non recente, pluridecennale – ha detto Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm- la riforma è stata presentata come una legge che tutela meglio i cittadini, purtroppo non è così”. Perché la riforma “ha un valore di tipo politico. Si è voluto mandare un messaggio. Il problema è il valore simbolico della riforma, ma ci sono anche degli effetti processuali con il turbamento degli equilibri processuali. Si tenterà di intimidire il giudice, anche se i giudici non si lasceranno intimidire”.
Una fiammata improvvisa, quella dei magistrati, che arriva dopo l’approvazione della legge, passata in via definitiva alla Camera il 24 febbraio con 265 sì, 51 no e 63 astenuti. Solo due giorni prima i toni utilizzati dalle toghe andavano in direzione della conciliazione. Quel giorno Sabelli si diceva contrario alle richieste di sciopero avanzate da diverse correnti. “Riteniamo che lo sciopero non sia la risposta efficace”, rispondeva il presidente al comitato direttivo che aveva all’ordine del giorno la messa ai voti sulle forme di protesta contro la riforma. “Uno sciopero – spiegava ancora – in qualsiasi forma sia organizzato sarebbe una testimonianza disperata e impotente e sarebbe percepita come la manifestazione di una casta che difende il privilegio”.
Ora che il governo ha portato a termine la riforma, le toghe vanno alla carica: per ben due volte, ha ricordato Sabelli, un ramo del Parlamento ha approvato “un disegno di legge che prevedeva la responsabilità diretta del magistrato, che è un vero e proprio obbrobrio istituzionale, che non esiste in nessun Paese“. La riforma “non è stata voluta dall’Ue come si dice, l’Europa non ha mai voluto questo. Slogan come ‘Lo vuole l’Europa’ e ‘chi sbaglia paga’ sono slogan demagogici, ai quali non crede nemmeno chi li pronuncia”, ha detto ancora Sabelli: “L’Europa chiedeva di adeguare la legge Vassalli, nel senso di applicarla anche alla violazione del diritto comunitario. Si è colto il pretesto per una campagna propagandistica contro la magistratura”. Perché “far passare il messaggio ai cittadini che la giustizia va male perché i magistrati hanno troppe ferie e si ritengono una casta intoccabile, è una delegittimazione che non si può accettare in alcun modo”.
“Qualcuno – ha aggiunto Sabelli – il prezzo di questa riforma lo pagherà, e non saranno i magistrati, ma i cittadini più deboli“, perché “il rischio di abuso è particolarmente elevato. Il rischio è che si arrivi a un quarto, un quinto, un sesto grado di giudizio“.
Il prossimo passo dei giudici: incontrare Sergio Mattarella. La data dell’incontro chiesto dall’Associazione al capo dello Stato “non è stata fissata. Confidiamo che lo sarà in tempi ragionevoli”, è l’auspicio della giunta, che però assicura: “Non vogliamo tirare il capo dello Stato per la giacchetta. Abbiamo troppo rispetto per lui”. Nel frattempo le toghe si dicono pronte a denunciare “ogni abuso e uso strumentale” della legge, così come intende approfondire i “profili di illegittimità costituzionale” della riforma stessa.