I 79 episodi che lo videro protagonista indiscusso a fianco del capitano Kirk (William Shatner) sull’astronave Enterprise lo portarono al successo. Ma fu anche regista, musicista e poeta
Addio Signor Spock. Leonard Nimoy, il vulcaniano con le orecchie a punta, icona universale della serie Star Trek si è spento nella sua casa di Bel Air, a Los Angeles, all’età di 83 anni. E la notizia della sua scomparsa è apparsa in apertura del sito del New York Times.
Il suo viso, metà alieno e metà umano, in pochissimo tempo diventò molto popolare. E quello sguardo tagliente e misterioso incorniciato in un volto inconfondibile, divenne il soggetto raffigurato su t-shirt, tazze, poster, murales e vignette in ogni angolo del mondo. Ben oltre i confini temporali della serie, che durò solo tre anni (dal 1966 al 1969).
Nimoy fu però, e in pochi lo ricordano, anche molto altro: regista prima di tutto, musicista e perfino poeta. I 79 episodi che lo videro protagonista indiscusso a fianco del capitano Kirk (William Shatner) sull’astronave Enterprise lo portarono al successo che venne poi bissato nel primo film tratto dalla serie tv nel 1979, per la regia di Robert Wise. Da qui inizia anche la carriera dietro la macchina da presa con diversi episodi televisivi di T.J. Hooker e poi con la consacrata operazione remake di Tre uomini e una culla, quel Tre scapoli e un bebé (1987) con Steve Guttenberg, Tom Selleck e Ted Danson.
Dopo piccole apparizioni in ruoli minori al cinema sul finire degli anni cinquanta, Nimoy fece il grande salto proprio nel settembre ’66 quando Star Trek venne trasmesso dalla Nbc. La leggenda vuole che l’ideatore della serie, Gene Roddenberry, avesse a tutti i costi difeso un elemento fondamentale dell’episodio pilota che aveva fatto storcere il naso ai dirigenti tv: la presenza di quel signor Spock, un essere serioso, impassibile nello sguardo che proprio non c’entrava nulla col resto. Roddenberry s’impuntò e Nimoy divenne definitivamente e per il resto dei suoi giorni, il signor Spock. Una maschera cinematografica che richiamava il mistero, uno spazio infinito da esplorare e conoscere attraverso quegli occhi immobili e glaciali. Non a caso, questa sorta di recitazione trascendente lo porterà a presentare tra il 1977 e il 1982 In search of… programma tv su fenomeni paranormali e strani casi di cronaca: dal mostro di LochNess a Jack lo Squartatore, passando per l’assassinio di Lincoln. Nel ’78 ritroviamo Nimoy in Terrore dallo spazio profondo, il remake di Philiph Kauffman de L’Invasione degli ultracorpi. Poi ancora parecchi titoli di Star Trek al cinema durante gli anni ottanta e nel 2009 l’ultimo definitivo ritorno sul set per interpretare l’intramontabile Spock negli ultimi due film ispirati Star Trek diretti da J.J. Abrams nel 2009 e Into the darkness (2013).
La notizia della morte del signor Spock ha fatto il giro del mondo ed ha subito occupato le pagine online di tutti i quotidiani d’informazione e i siti di cinema. Oltre al NYT, il Time ha subito pubblicato un lungo articolo dove si evidenziano le virtù mistiche del personaggio più originale della saga di Star Trek e se ne difende l’interpretazione composta di Nimoy: “Non è vero che Spock non trasmettesse emozioni. Era la sua metà umana costantemente in lotta che cercava di mantenere il controllo del personaggio. L’interpretazione di Nimoy per questo ha sempre richiesto un grande sforzo mentale (…) Nimoy ha spogliato la sua performance non dalle emozioni ma dai sentimenti”.
L’attore di origine ebraica, nato a Boston il 26 marzo del 1931, era diventato anche una delle star americane più seguite sui social network. Il suoi account Twitter veniva usato di continuo. Una pagina che conta oltre 1 milione e 200 mila follower, e soltanto 20 following, tra questi: Ian McKellen, Ben Stiller e Barack Obama. Questo il suo ultimo tweet, legato alla malattia che lo ha spento lentamente, nonostante avesse smesso di fumare sigari e sigarette da almeno un decennio.
A life is like a garden. Perfect moments can be had, but not preserved, except in memory. LLAP
— Leonard Nimoy (@TheRealNimoy) 23 Febbraio 2015
E l’11 gennaio aveva postato un tweet in cui si augurava di non avere mai fumato in vita sua. E anche in questo caso concludeva il messaggio con LLAP, ovvero l’acronimo del suo famoso saluto “live long and prosper“.
Don’t smoke. I did. Wish I never had. LLAP — Leonard Nimoy (@TheRealNimoy) 11 Gennaio 2015
La conferma della morte per una malattia polmonare ostruttiva cronica allo stadio terminale l’ha ufficializzata la sua seconda moglie Susan Bay Nimoy. Un saluto vulcaniano indice e medio separati dall’anulare e mignolo insieme, lo accompagnerà per sempre tra le galassie.