L'istituto di statistica prevede un progresso dello 0,1%, ma la "forchetta" degli esiti possibili va da -0,1 a +0,3%. Da un lato "si rafforzano i segnali positivi", dall'altro pesano ancora le "difficoltà nel mercato del lavoro" e il Paese resta in deflazione
Nel primo trimestre 2015 l’Italia tornerà a crescere dopo tre anni e mezzo di recessione. L’ultima volta che l’economia italiana è cresciuta risale a ben tre anni e mezzo fa, nel secondo trimestre 2011. A comunicarlo è l’Istat, che nella nota mensile sull’andamento dell’economia della Penisola rileva che “i segnali positivi si rafforzano” perché “al miglioramento della fiducia di consumatori e imprese registrato a febbraio si affianca l’aumento della produzione industriale a dicembre e quello del fatturato dei servizi nel quarto trimestre del 2014″. La boccata di ossigeno sarà però molto limitata, dato che la previsione dell’istituto è che il prodotto interno lordo aumenterà dello 0,1%, ma la “forchetta” degli esiti possibili va da -0,1 a +0,3%. Vale a dire che non è ancora detta l’ultima parola: il nostro Pil, dopo 14 trimestri consecutivi di cali o stasi del prodotto e il -0,4% del 2014, potrebbe sì registrare un’inversione di tendenza ma nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche calare ancora. Anche perché, si legge nella nota, restano “difficoltà nel mercato del lavoro e si conferma la fase deflazionistica, seppure in attenuazione”.
Sul fronte dell’occupazione, in particolare, non ci sono “chiari segnali di un’inversione di tendenza rispetto a quanto osservato negli scorsi mesi”. Il tasso dei posti vacanti nell’industria e nei servizi è rimasto stabile nel quarto trimestre “attorno allo 0,5%”, una tendenza che l’Istat attribuisce alla “fase di stagnazione che si osserva dal lato della domanda di lavoro”. Cioè le imprese hanno continuato a non assumere, forse aspettando l’entrata in vigore (dall’1 gennaio) degli sgravi contributivi previsti dalla legge di Stabilità. In febbraio, sottolinea l’Istat, “le attese di occupazione formulate dagli imprenditori per i successivi tre mesi continuano a essere differenziate tra i principali comparti produttivi, risultando in crescita nella manifattura, stabili nei servizi e in peggioramento nel settore delle costruzioni”. Sui prezzi, il cui tasso di variazione resta intorno allo zero, incide invece il crollo del valore del petrolio, che si è riflesso in una diminuzione delle tariffe di elettricità e gas.
A trainare la ripresa, se si concretizzerà, sarà comunque soprattutto l’export. Infatti, la stima di un decimo di punto di crescita “è la sintesi del contributo ancora negativo della domanda interna (al lordo delle scorte) e dell’apporto favorevole della domanda estera netta”. La stabilizzazione del bonus di 80 euro in busta paga, dunque, non ha spinto i consumi degli italiani.
Va detto infine che la debolissima ripartenza della prima parte dell’anno dovrà rafforzarsi un bel po’ perché il Paese riesca a mettere a segno, nell’intero 2015, una crescita corposa come quella (+2,1%) prefigurata dall’ultimo rapporto di Confindustria. Il governo dal canto suo non ha per ora aggiornato le stime inserite nell’ultima versione del Def, stando alle quali il Pil dovrebbe aumentare dello 0,6 per cento. Ma il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non perde occasione per ventilare “sorprese positive” grazie al combinato disposto di Jobs Act, calo del petrolio, svalutazione del cambio dell’euro, accelerazione del commercio mondiale e diminuzione dei tassi di interesse grazie al programma di acquisto di titoli di Stato varato dalla Bce. Sempre venerdì il rendimento dei Btp italiani ha toccato un nuovo minimo storico, l’1,305 per cento.