La giornalista sul piano Gubitosi approvato giovedì: "Auspicabile un'unica newsroom per l'informazione, ma aspettiamo di vedere quali saranno i direttori". Sull'offerta per Rai Way da parte di Mediaset dice: "Certo che se un pezzo di Rai dovesse finire interamente nelle mani del concorrente, anche da un punto di vista estetico... non si può guardare!"
Ai piani alti c’è il potere. In quelli bassi i telespettatori e i lettori. Milena Gabanelli – giornalista investigativa tra le più apprezzate – esamina le ragioni di una questione cruciale della democrazia: perché l’informazione fa così spesso rima con la manipolazione. Perché spesso si avventura a trasformare la realtà fino ad erigerne una di comodo, adeguata ai bisogni del momento.
Il piano Gubitosi è stato approvato. Un’unica newsroom, telegiornali tematici. Meno dirigenti in Rai, meno burocrazia. Ora ti tocca esultare
È auspicabile che in futuro ci sia un’unica newsroom, per il momento è un passaggio intermedio che a mio parere è giusto perseguire. Prima di esultare aspettiamo di vedere quali saranno i direttori. Il nodo cruciale è soprattutto lì.
La Rai non è la Bbc e forse non lo sarà mai. Ma non ho mai capito se è la politica, padrona della tv, ad allontanare i giornalisti dalle notizie insidiose oppure siamo noi cronisti che appena scorgiamo un filino di carriera all’orizzonte perdiamo la testa e anche il taccuino dalla tasca
Posso parlare per me: in tanti anni sono stata spesso sollecitata a non approfondire troppo, ma non avendo frequentazioni politiche non mi è stato difficile continuare sulla mia strada, e devo anche aggiungere che nessuno mi ha fermato. Vorrà pur dire qualcosa!
La Tv dei partiti sembra avviata al cimitero. Si prospetta la Tv del governo. È un cambiamento che in qualche modo rincuora o rattrista?
L’abbiamo già vissuta una Tv del governo, mi pare. Credo che abbiamo anticorpi per tutto, e comunque se per Tv del governo si intende un modello dove viene definita una “carta” di requisiti non raggirabili per il reclutamento della governance, senza toccare la missione del servizio pubblico, ben venga.
Già la chiamano teleRenzi. Mettiamo invece che il premier voglia stupire e seguire alla lettera anche le tue proposte che ieri hai pubblicato sul Corriere. Mettiamo che dica: i migliori devono dirigere la Rai. Gabanelli, faccia la presidente.
a) Accetti
b) La proposta ti fai venire il mal di testa e dici no grazie, ho le mie inchieste da seguire
c) Inizi a prospettare persone più in gamba di te nella speranza di farla franca. Sono lusingata, ma se è Renzi a scegliere “i migliori”, siamo fuori strada. Vuol dire che non ha letto come funziona il modello a cui tutti dicono di volersi ispirare.
Cos’è l’imparzialità? Chi racconta deve naturalmente tener conto dei diversi protagonisti del fatto che narra. Ma il suo punto di vista, l’angolazione da cui riprende, il dettaglio dal quale inizia la storia conterà pure qualcosa?
Intanto il punto di vista deve partire da un fatto oggettivo e non da un pregiudizio, dopodiché si argomenta, come è giusto che sia. Però è difficile parlare in astratto, dipende da quale argomento si affronta. Se il tema è la corruzione dentro al Mose con i corrotti che hanno patteggiato non è che bisogna andare tanto per il sottile. A fare la differenza alla fine è comunque la buona o cattiva fede con cui il giornalista racconta la notizia… e questo è difficile da occultare.
Non esistono, tranne singolari situazioni, aziende editoriali senza padroni. E non esistono padroni senza interessi e senza relazioni di potere. Dal primo marzo però esisterà il Jobs act: mi può piacere il tuo lavoro ma anche no. E se non mi garba posso sciogliere il contratto che mi lega a te. Il giornalista di domani, che sarà pur sempre un lavoratore dipendente, difenderà la verità fino al licenziamento?
Mi risulta che per ora molte redazioni pullulino di giornalisti che incassano lo stipendio ma non lavorano, proprio perché non piacciono al loro direttore o editore. Non piacere a qualcuno è nella natura delle cose. Mi piace immaginare un mondo del lavoro dove non sono costretta a poltrire, sono io ad andarmene in un altro posto dove mi trovo meglio, e quel posto sul mercato c’è. Si chiama ‘dinamicità’.
Chi fa inchiesta dà spesso brutte notizie. Sembra che il lettore, o il telespettatore, abbia meno resistenza a farvi fronte, meno capacità a indignarsi
Brutte notizie a colazione, pranzo e cena… alla fine è evidente che non ne puoi più. Non ne posso più nemmeno io! La denuncia fine a se stessa ti fa venire voglia di sbattere la testa al muro, specialmente quando non produce risultati, sembra un muro di gomma. Lo sforzo da fare è quello di cercare una via d’uscita e provare a indicarla… è faticoso trovarla, ma c’è sempre un’alternativa possibile, e l’utilità del nostro lavoro è anche in questo.
Il successo di Renzi è dato anche dal fatto che non pare esserci alternativa credibile. Secondo te è aperta una questione democratica oppure dobbiamo essere più prudenti con i giudizi. Saper osservare, aspettare
Il giudizio per definizione si dovrebbe dare alla fine; se il nostro è un lavoro da cane da guardia, e non da combattimento, dobbiamo sorvegliare, vigilare, e abbaiare per farci sentire, vale per un governo, un’impresa, un’istituzione. Sembrano banalità, ma se i giornalisti la mettessero in pratica con la dovuta puntualità, non resterebbero tanti margini per fare proprio quello che si vuole senza render conto.
Ah, dimenticavo. Forse Berlusconi comprerà le antenne della Rai. Diverrà padrone o almeno comproprietario. Come se Italo acquistasse la rete ferroviaria. Tutto normale?
Nemmeno la BBC è proprietaria delle antenne e del satellite con cui trasmette in tutto il mondo, ma è un Fondo se non ricordo male. Certo che se un pezzo di Rai dovesse finire interamente nelle mani del concorrente, anche da un punto di vista estetico… non si può guardare!
Dal Fatto Quotidiano del 27 febbraio 2015