Una delle ultime battaglie che hanno vinto è stata grazie a un mail bombing: hanno mandato 3mila email in 5 minuti al Comune di Gaeta perché un bambino con autismo aveva smesso di andare a scuola per la sospensione del servizio di trasporto da casa. Dopo pochi giorni il problema è stato risolto. Sempre grazie al mail bombing sono riusciti a fare entrare un ragazzo di 24 anni, con autismo, in una struttura a Roma, dando un aiuto fondamentale alla madre che lui costringeva, con le botte, a stare in auto tutti i giorni, dalle 15 a mezzanotte. Nonostante le sollecitazioni, infatti, le istituzioni non rispondevano da anni.
Queste sono soltanto alcune delle soluzioni trovate dal gruppo Facebook “Io ho una persona con autismo in famiglia” che, in 3 anni, ha raggiunto 6.600 iscritti e sta moltiplicando gli interventi di mutuo-aiuto. Tra questi, nuove relazioni di supporto tra famiglie che vivono vicine, team di consulenza via Skype ai genitori quando ci sono gli incontri scolastici, appelli per raccolte di vestiti, cibo e anche soldi per dare una mano a chi, a causa della crisi, ha perso il lavoro ed è sprofondato nella povertà, ritrovandosi a vivere con i 500 euro di pensione del figlio.
“Invece di lamentarci e restare isolati, pensando ognuno alla propria difficile situazione, abbiamo deciso di aiutarci tra di noi per riuscire a trovare una soluzione a ogni problema, anche il più difficile, perché alla fine è questo che importa nella vita. Cerchiamo di non perderci in polemiche e creiamo ponti con le istituzioni che, se sollecitate collettivamente, in un modo o nell’altro ci vengono incontro”, racconta Enrico Maria Fantaguzzi, padre di un ragazzo con autismo e fondatore del gruppo Facebook. “Anche piccole azioni possono rivelarsi decisive. Ad esempio, durante l’ultima alluvione di Genova siamo riusciti a fare recapitare un pacco con dei vestiti puliti a una madre che si trovava in una zona inaccessibile. E ancora: grazie al gruppo, due mamme sole che vivevano nello stesso quartiere si sono conosciute, sono diventate amiche e adesso si tengono le figlie un weekend a testa, così hanno del tempo libero”.
L’unico ambito che resta fuori dagli interventi è quello delle terapie, perché si tratta di questioni che devono essere discusse con i medici di fiducia e che, in passato, hanno creato fratture tra le diverse famiglie. I membri della rete si limitano a validare le linee guida nazionali.
Il gruppo Facebook “Io ho una persona con autismo in famiglia” potrebbe presto costituirsi in forma di cooperativa, per la realizzazione di progetti ancora più ambiziosi. Uno di questi è trovare una soluzione per il “dopo di noi”. “Ogni sera, prima di addormentarmi, io penso a quel che ne sarà di mio figlio quando non ci sarò più – dice Fantaguzzi. – Come molti altri, non posso permettermi economicamente le farm community da 3mila euro al mese, che sicuramente sono un modello interessante di accoglienza e risposta al problema. Stiamo quindi lavorando alla creazione di un patto fra famiglie, con tanto di documento ufficiale, nel quale ci si affida ad altri genitori per fare in modo che il progetto di vita che si è pensato per il proprio figlio venga rispettato. L’alternativa è l’amministratore di sostegno oppure il dover affidare tutto ai fratelli, se ce ne sono. Ma io non credo che sia giusto”.
Un altro obiettivo del gruppo è l’approvazione della legge sull’autismo. “In Italia si stima ci siano tra le 500 e le 600mila persone con autismo. Si tratta di un disturbo diffuso, che continua a restare stigmatizzato a livello sociale e sottovalutato dalle istituzioni – sottolinea Fantaguzzi. – Bisogna invertire la tendenza al più presto, anche soltanto per una questione di costi: un bambino seguito in modo corretto, tra i 3 e i 6 anni, costa 1000 volte in più di uno che viene abbandonato a se stesso. Siamo di fronte a un’emergenza sociale che pesa su tutti”.