L'ex comandante in seconda delle Fiamme Gialle è in carcere a Santa Maria Capua Vetere dopo aver patteggiato 4 anni per concorso in corruzione nell'ambito dell'inchiesta sul Mose. La Procura ha rilevato un'enorme sproporzione tra i suoi redditi e le cifre spese tra 2005 e 2013. Per occultare i movimenti di denaro consegnava somme in contanti a sei sottoposti
L’ex generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante usava ufficiali a lui sottoposti come prestanome per gestire ingenti somme di denaro, chiedendo loro di versarli sui propri conti correnti da cui poi loro stessi a avrebbero provveduto a “saldare conti e spese del generale e dei suoi familiari” o a staccare loro assegni per acquistare immobili. Per questo, come riporta il Corriere della Sera, la Procura di Milano – la cui ipotesi investigativa si basa sulle indagini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia – ha disposto una maxi confisca da 4 milioni di euro nei confronti del generale di corpo di armata in pensione. Che è stato arrestato nel giugno scorso per concorso in corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul Mose (aveva ricevuto 500mila euro dal presidente del Consorzio Venezia Nuova in cambio di notizie sulle verifiche fiscali in corso) ed è attualmente detenuto a Santa Maria Capua Vetere dopo aver patteggiato 4 anni di carcere e una confisca di 500 mila euro.
I quattro milioni che erano di fatto nella disponibilità di Spaziante sono, secondo l’accusa, la differenza tra quanto speso in contanti e non tra 2005 e 2013 da Spaziante e i redditi da lui percepiti. Una sproporzione che ha determinato appunto la confisca sulla base dell’articolo 12 sexies della legge 356 del 1992. Stando alla ricostruzione degli inquirenti l’ex comandante della Gdf lombarda e Capo di Stato maggiore – nonché comandante in seconda del corpo nazionale delle Fiamme gialle dal febbraio al settembre 2013 e vicedirettore del Dipartimento informazioni per la sicurezza della presidenza del Consiglio – si è servito di sei tra ufficiali e sottufficiali per mascherare i movimenti di una grande quantità di denaro in contanti “di origine sconosciuta”. Peraltro il giro dei prestanome non si limitava ai sottoposti ma coinvolgeva anche commercialisti e assicuratori che a loro volta intestavano assegni a parenti e conoscenti per “evitare di fare emergere l’interezza della somma. Quanto agli acquisti fatti, si va da case a Roma a una proprietà a Pioraco (Macerata) fino a una barca poi ceduta a terzi.
Scrive il quotidiano di via Solferino che secondo i militari coinvolti, che rischiano l’incriminazione per riciclaggio, Spaziante spiegava la provenienza dei soldi dicendo che venivano dai servizi segreti. Ma se si sommano gli stipendi percepiti da Gdf, Palazzo Chigi e Agenzia delle Entrate (di quest’ultima era “consulente”) i conti non tornano, nemmeno tenendo conto anche dei redditi di convivente e figli.