Il pm di Genova, Paola Calleri, ha chiesto il rinvio a giudizio per l’imprenditore Stefano Bonet e il commercialista Paolo Scala, imputati per riciclaggio in uno dei filoni d’inchiesta sulla gestione dei fondi della Lega Nord. L’indagine riguarda il presunto riciclaggio di 5,7 milioni che Francesco Belsito (ex tesoriere del Carroccio) avrebbe usato per investimenti (e diamanti) a Cipro e in Tanzania. Erano stati gli stessi difensori dei due a chiedere il trasferimento del processo da Milano in Liguria perché, a loro dire, il trasferimento dei fondi sui conti si sarebbe realizzato a Genova.
All’inizio di febbraio, il pubblico ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio anche per Umberto Bossi e lo stesso Belsito per la presunta truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato da circa 40 milioni di euro. Il magistrato aveva chiesto il giudizio anche per tre componenti del comitato di controllo di secondo livello del Carroccio: Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci. Per loro l’udienza preliminare è stata fissata il 20 marzo.
La vicenda, risalente al 2012, aveva scosso i vertici del partito, tanto che l’allora presidente Umberto Bossi si dimise. Tuttavia, dopo la famosa serata delle ramazze colorate con il sole delle Alpi, a simboleggiare una pulizia interna, il Carroccio aveva deciso, per volontà del segretario Matteo Salvini, di non costituirsi parte civile al processo. “Chiedere soldi a chi non li ha è una perdita di tempo e poi sono cose che fanno parte del passato”, rinunciando così a fare chiarezza sulla destinazione dei fondi portati in Africa da Belsito. Eppure, dopo l’arresto del tesoriere, che aveva dichiarato di avergli dato soldi in nero, l’attuale leader leghista diceva: “Sono palle, del resto i magistrati hanno già archiviato. Chi ha sbagliato – scriveva poi su facebook – ha pagato o pagherà, la Lega lavora per il futuro. Anzi, alla faccia dei gufi, la Lega è il futuro”.