Capelli lunghi e ribelli, abbigliamento new age e parlantina steroidea, Giovanni Canton (Muccino) è uno spregiudicato trainer motivazionale: tutti lo vogliono, ma lui non si piglia nessuna, preferisce le donne sposate, meglio se con tre figli, così da evitare “accolli”…
In sei mesi, questa la sua ultima sfida, porterà tre persone a realizzare i propri desideri: la segretaria di un alto prelato che ha un B-side da scrittrice erotica (Carla Signoris), un disoccupato 60enne (Maurizio Mattioli) e una bella e fragile editor (Nicole Grimaudo)… Dopo quattro anni di assenza, Silvio Muccino firma la sua terza regia con Le leggi del desiderio,che ritrae una“figura ignorata dal nostro cinema: un life coach, un figlio fortunato della crisi”.
Meno fortunati gli spettatori, sballottati dagli sceneggiatori, i recidivi Muccino e Carla Vangelista, in una storia senza capo né coda, che vorrebbe rifare Magnolia (vi ricordate il guru Tom Cruise?) nella romana piazza Vittorio ma si perde tra il coaching e la love story, imbarcando noia e inappetenza.
Già, il desiderio dov’è? Muccino jr. sa anche girare e non dirige male gli attori, ma lo stile è indifferente alla sua – parola grossa – poetica: che cosa voleva dirci, soprattutto, che cosa è riuscito a dirci? Quattro anni, evidentemente, non sono bastati: si schiarisse le idee, non scrivesse lui (con lei) e dirigesse su commissione, scommettiamo che migliora?
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