Io non ho niente a che spartire con il governo attualmente in carica ma non ho nulla a che spartire neppure con chi parla di stranieri come fossero veicoli di peste. Non ho nulla a che fare con chi si schiera sempre con le guardie che conservano un animo fascista e lo dimostrano quelle volte in cui arrivano per le piazze a manganellare gli antifascisti invece che i fascisti.
Quando il mondo va al rovescio e c’è chi vi impone di rimuovere la storia c’è sempre qualcosa di sbagliato. E quel che succede oggi è che, come è già successo in altre epoche, il sentimento popolare che viene istigato è egoista, cattivo, è la banalità del male di chi tiene in vita i centri di identificazione ed espulsione in cui vengono rinchiuse tante persone che avrebbero la colpa d’esser provenienti da altre nazioni.
Come si può ascoltare chi proclama lo stato d’emergenza perché teme i poveri del mondo, i morti di fame, quelli che rischiano la vita per trovare un po’ d’ossigeno fuori dai loro paesi. Succedeva mille anni fa, quando gli italiani emigravano e così emigrarono anche i miei nonni, ripassati al microscopio da gente che per via della propria nazionalità pensava di essere superiore. Dissero alla mia bisnonna, alle porte degli Stati Uniti, che non era intelligente, perché non era nata con l’inglese in bocca e tutto quel che voleva fare era andare a lavorare per fare stare meglio la propria famiglia. Dissero a mio nonno che era buono per restare a faticare per pochi soldi lavorando nelle industrie in cui non erano permesse neppure le assemblee sindacali.
Il nonno raccontava dei negozi in cui stava scritto che non potevano entrare gli italiani e i meridionali. Lo stesso mi raccontano altri parenti emigrati in Svizzera, in Germania, e nel nord Italia, ad arricchire gli imprenditori ai quali non interessava se tu e la tua famiglia restavate in stanze buie, umide e con la muffa. Andava tutto bene purché i terroni lavorassero per arricchire altri senza mai godere di un minimo vantaggio. Sembrava tutto più facile, perché era complicato restare a disossare la terra e coltivarla per poi vederla morire di sete, arida, sfinita.
Si può fare opposizione senza essere razzisti o fascisti, perché il razzismo dovrebbe farvi paura, così come il fascismo, perché non si tratta di un fenomeno visibile soltanto quando un fanatico mostra una svastica tatuata sul braccio. Razzismo e fascismo sono molto più subdoli e vengono diffusi con mille ambiguità. C’è sempre una nobile ragione per difendere la discriminazione. Si inventa un nemico, incluso quello che è povero, che pratica un’altra religione e ha un altro colore della pelle.
Si coltiva così l’ambizione per una eugenetica sociale che non ha bisogno dei campi di sterminio per realizzarsi appieno. Si muore di fame, di freddo, di povertà. Si muore perché siamo nudi, tutti, non abbiamo più neppure le mutande, e tutto ciò succede mentre c’è chi si indigna per le nudità di qualche spot pubblicitario.
La nudità della quale soffriamo, tutti i giorni, è fatta di prospettive mancate, opportunità massacrate e come unica alternativa parrebbe esserci sempre un nuovo Duce che strepita da un balcone e dopo un “Vincere e Vinceremo” si fa immortalare accanto ad una bella donna, a dimostrare la sua virilità. Lo stesso Duce che si fa accompagnare con una tifoseria costituita da un fanclub di gente priva di morale che quando parla di politica intende la legittimazione all’assenza di un progetto etico che tenga conto del fatto che siamo tutti esseri umani.
Sono precaria, meridionale, povera e ho mille bestemmie in serbo per chi ci ha governati negli ultimi anni, inclusi quelli che oggi pretenderebbero di essere opposizione. Io rappresento ciò che somiglia a tanti e tante tra voi. Eppure non ho bisogno di sputare sul negro, sul rom, sull’ebreo, sul gay, sullo straniero, sulla trans, per stare meglio con me stessa. Quelle, casomai, sono le persone con le quali mi alleo, perché la precarietà è il nostro male comune e perché la lotta di classe non può prescindere dall’antirazzismo, l’antisessismo e l’antifascismo.
Sono precaria e non mi prendete per il culo, né quelli che strepitano contro gli immigrati né quelli che si fingono solidali e poi impiegano cooperative umanitarie a sorvegliare i reclusi dei Cie. La via di mezzo c’è, usa le piazze per parlarvi, e vi racconta una resistenza vera, fatta di ideali positivi e di una determinazione che individua la parte giusta della storia dalla quale stare. La parte giusta. E tu, da che parte stai?
#RestiamoUmani