Al riguardo, una lettera aperta è già stata sottoscritta da numerosi ricercatori e studiosi. Il dibattito sui rischi per la salute umana da esposizione a CEM è, come in numerosi altri settori, ancora aperto e le diverse posizioni fra chi sostiene la loro innocuità e chi viceversa li considera fonte indubbia di pericolo si fondano su considerazioni e studi scientifici che bene e spesso giungono a conclusioni diametralmente opposte, ingenerando inevitabilmente confusione in chi vorrebbe capire come stanno davvero le cose.
A questi consiglio innanzi tutto di appurare la serietà degli studi presi in esame e la loro validità scientifica, consapevoli però del fatto che la pubblicazione anche in riviste di prestigio non è purtroppo garanzia assoluta di affidabilità. Valga per tutti un esempio circa i rischi rappresentati dall’uso del cellulare: una revisione del 2009 su 23 studi caso/controllo selezionati a partire da 465 articoli (J Clin Oncol. 2009 Nov 20;27(33):5565-72. Mobile phone use and risk of tumors: a meta-analysis Myung SK ed altri) ha riscontrato che 7 lavori, giudicati di “elevata qualità” (6 di Hardell e 1 di Stang) evidenziavano una associazione positiva e statisticamente significativa tra aumento del rischio di tumori cerebrali e uso, soprattutto ipsilaterale, di telefoni mobili. Viceversa 8 lavori dell’Interphone e 6 altri studi classificati come “bassa qualità “riscontravano addirittura un effetto protettivo, cioè una riduzione del rischio di tumori con l’uso dei telefoni mobili.
Come è possibile spiegare risultati così contrastanti? Gli autori della revisione sostengono che la diversa fonte dei finanziamenti può avere influenzato il disegno dello studio e di conseguenza i risultati ottenuti (“may have influenced the respective study design and results”). Gli studi di Hardell erano finanziati da enti pubblici, Interphone e gli altri dalle compagnie telefoniche; in questi ultimi, ad esempio, erano stati considerati fra gli esposti persone che avevano usato cellulari e cordless solo per pochi anni e per pochissimo tempo.
Ricordiamo che l’Agenzia Internazionale per le Ricerche sul Cancro (IARC, Lione, Francia) aveva classificato già nel 2002 come “possibili agenti cancerogeni per l’uomo” i CEM emessi da linee elettriche ad alta-altissima tensione con riferimento all’aumento del rischio di leucemie infantili e nel 2011 i CEM emessi da cellulari e cordless con riferimento all’aumento di tumori maligni al cervello e di tumori benigni ai nervi cranici negli utilizzatori abituali (20-40 minuti/giorno) e da lunga data (almeno 10 anni) di questi dispositivi. A parte l’effetto oncogeno suscita tuttavia grande preoccupazione anche la possibilità che l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde emessi dalla miriade di dispositivi da cui siamo circondati (cellulari, tablet, smartphone, computer collegati in reti senza fili, antenne Wi-Fi, Wi-Max, radar, ripetitori della radiofonia, della radiotelevisione e della telefonia mobile e via discorrendo) possa avere altri effetti negativi sulla salute, influenzando ad esempio le funzioni riproduttive e le capacità neuro-cognitive per interferenze con la stessa barriera emato-encefalica, come anche recentissime indagini hanno evidenziato.
In definitiva credo che ancora una volta credo non vada dimenticato quanto scritto nel bellissimo libro “La Storia segreta della guerra al cancro” dell’epidemiologa americana Devra Davis: “il modo con cui si confezionano le conoscenze sui rischi ambientali ha poco a che fare con i casi della scienza. Ogniqualvolta si solleva una questione di salute pubblica che ha ripercussioni per miliardi di dollari sulla vendita di un determinato tipo di beni l’onere della prova imposto a chi esamina i rischi può diventare tanto elevato da risultare insostenibile”.