Carlo Bombrini, amico di Mazzini, Governatore della Banca Nazionale del Regno d’Italia dal 1861 al 1882, gestì materialmente lo smantellamento della siderurgia meridionale, come riportato ampiamente nei testi di Nicola Zitara. Si trattò dunque di un ‘ostacolo’ deliberato allo sviluppo industriale delle regioni meridionali d’Italia.
Un ‘sabotaggio’, ossia l’impedimento a permettere la naturale progressione di un’attività iniziata da qualcuno. La parola, che deriva dal termine francese sabot, zoccolo, ricorda la pratica dei lavoratori di inserire gli zoccoli nei macchinari per arrestarli e bloccare la produzione, indicando tutte le attività finalizzate al mancato successo di una iniziativa altrui.
E, così, lo stabilimento siderurgico di Pietrarsa, ora museo nazionale, in cui furono costruite locomotive a vapore impiegate nelle prime ferrovie d’Italia, con oltre 1000 dipendenti, nel giro di pochi anni di Unità nazionale, fu costretto a tramontare, in un’ottica di “razionalizzazione” che favoriva il polo genovese Ansaldo. Bombrini ne era comproprietario, accidentalmente. Pietrarsa fu trasformata in un centro di manutenzione.
Nel frattempo, il polo siderurgico di Mongiana, in Calabria, complementare a quello di Pietrarsa, declinava, fino a chiudere nel 1881. Oltre 1000 dipendenti, ancora. Doppiopesismo all’italiana. Anni dopo, invece, la Ansaldo fu salvata con diretto intervento statale mediante la nascente IRI. Anni ’30.
Ora, nessuno si è mai avventurato in una ardita azione giudiziaria contro chi, – politici, imprenditori, soldati – negli anni successivi all’Unità d’Italia, ha progettato ed attuato una sistematica penalizzazione di una vastissima area del paese rispetto ad altre. E neanche contro chi, al Sud, per ossequioso ascarismo e pavida connivenza, tutto questo ha permesso.
Mi domando come si possa pensare che lo scrittore Erri De Luca, pur essendo un grande scrittore, possa aver creato, con le sole parole riportate in un’intervista, un reale e imminente pericolo alla realizzazione della TAV, ritenuta opera “strategica” con il solo potere persuasivo di poche parole, riportate tramite intervista.
Mi ha procurato un immenso dolore vedere la figura esile di quell’uomo saggio, equilibrato, colto, stagliarsi immobile sul banco degli imputati. Ho percepito un senso di precarietà, una profondissima vertigine interiore.
Avendo letto l’intervista di cui trattasi, avevo immediatamente inteso quale fosse la natura dell’operazione di “sabotaggio” invocata da De Luca per quell’opera: un insieme di attività – manifestazioni, proteste, articoli, etc. – volte a impedire, sempre nel rispetto della legge, la realizzazione di un’opera che le popolazioni della Val di Susa non vogliono. Nel modo e nella forma che a uno scrittore sono ovviamente congeniali: la persuasione, ovviamente non violenta. Sono sicuro che la giustizia non vorrà condannare il cittadino De Luca per aver manifestato una opinione.
Non potendosi porre in discussione l’art. 21 della Costituzione italiana. Non mi piacciono gli hashtag, ma anche io, nel mio piccolo, sto con Erri. Che, nel suo recente “La parola contraria”, ricorda il rischio connesso alla polverizzazione di giacimenti di amianto e il “guasto micidiale di uno spargimento delle sue fibre tossiche”. De Luca ricorda altresì che l’invocazione al sabotaggio della Tav potrebbe addirittura ascriversi alla categoria del diritto al malaugurio. Come quando negli stadi si invoca “Forza Vesuvio” e i tifosi napoletani rispondono con apotropaici strofinii delle gonadi.
Ora, leggete pure qui
quali sono i 71 progetti infrastrutturali con richiesta di finanziamenti per 2 miliardi e 471 milioni di euro presentati a Bruxelles dal Ministro italiano dei trasporti. Se vi annoia doverlo fare, vi anticipo che ben oltre il 90% delle risorse verrà speso al Centronord. E siamo a febbraio 2015.
Quanti zoccoli negli ingranaggi dello sviluppo del Sud.