Le peripezie dell’euro non sono finite, chi pensa che gli accordi presi con la Grecia stabilizzeranno il tasso di cambio della moneta unica con quelle forti, dalla sterlina al dollaro ed al franco svizzero, sbaglia.
Dietro l’angolo c’è Podemos, il partito spagnolo che molto probabilmente vincerà le elezioni in Spagna e vorrà rinegoziare il debito a condizioni più vantaggiose. Poi c’è la questione dei tassi americani, saliranno prima della fine dell’anno oppure Yellen, a capo della Fed, continuerà a tenerli sotto controllo per facilitare la ripresa europea? E che dire della crisi in ucraina, anche quella è un grosso punto interrogativo, come finirà questa brutta storia? Nessuno lo sa’.
Tutto ciò contribuisce a creare incertezza. Quella sul futuro dell’euro degli anni passati è stata rimpiazzata da quella relativa al valore monetario della moneta unica europea. E’ il mercato dei cambi oggi il barometro dell’economia mondiale.
I primi segnali di brutto tempo provengono dal centro Europa, dalla Svizzera che a gennaio ha abbandonato improvvisamente la politica monetaria di difesa del cambio euro dollaro, una decisione che ha fatto rivalutare il franco del 40 per cento nel giro di qualche giorno. Anche se in parte questa impennata è rientrata, il il cambio del franco svizzero rimane alto. E questo non è un bene per l’economia elvetica perché danneggia l’esportazione, il turismo ed anche il settore bancario, i tre pilastri sui quali questa poggia.
La risposta immediata degli imprenditori svizzeri è stata semplice: riduzione dei salari dei frontalieri (sono circa 300 mila i lavoratori che ogni giorno attraversano il confine svizzero per andare a lavorare in Svizzera) in misura maggiore di quelli degli svizzeri, tanto i primi vivono in Italia, Francia e Germania, nazioni che fanno parte di Eurolandia, questo il ragionamento. Ma a patire le conseguenze del franco alto non sono solo i frontalieri, l’impatto della rivalutazione è destabilizzante anche per le economie di confine, che secondo le stime della UBS generano complessivamente circa 300 miliardi di franchi.
Campione d’Italia appartiene a queste. La rivalutazione del franco ha messo in crisi il Casinò, l’attività locale più importante, facendone gravitare le spese di ben 20 milioni di euro. I costi, inclusi i salari, sono infatti in franchi, mentre le entrate sono per l’80 per cento in euro. La crisi del gioco ha avuto ripercussioni negative sulla città, le cui entrate provengono per tre quarti dal Casinò. L’amministrazione pubblica si è così vista costretta ad annunciare una riduzione delle pensioni di 2.000 residenti pari al 30 per cento.
Neppure in Germania le cose vanno bene. Il sindaco di Weil am Rhein, una cittadina confinante con Basilea, sostiene che negli ultimi quattro anni la vicinanza con la Svizzera ha fatto salire i prezzi delle abitazioni del 50 per cento, ma non basta ormai diventa sempre più difficile per la cittadina tedesca attirare personale qualificato dalle infermiere agli insegnanti perché tutti vogliono lavorare a Basilea. A Costanza la gente si lamenta che da gennaio i negozi sono presi letteralmente d’assalto dagli svizzeri, un fenomeno che sta creando un’economia locale diretta esclusivamente a loro dalla quale i residenti sono esclusi.
Anche le autorità svizzere si trovano in difficoltà a causa dell’impennata di commercio con le cittadine di confine. Quello di Costanza per un mese si è intasato a causa del flusso continuo di minivan carichi di pizze ordinate dagli svizzeri nella cittadina tedesca fino a quando le autorità di frontiera lo hanno vietato. Adesso gli svizzeri le pizze se le vanno a prendere al confine.
Difficile prevedere come le distorsioni attuali potranno essere risolte senza tensioni sociali al loro interno e legislazioni discriminatorie, quali la riduzione maggiore dei salari dei frontalieri, dal momento che le economie di confine sono totalmente integrate con quella Svizzera dove però esiste una moneta diversa dall’euro, il franco, in netta ascesa.
E’ questo un problema nuovo, che la Banca centrale svizzera ha cercato di arginare fissando artificialmente il tasso di cambio, sicura chi si trattasse di una situazione temporanea. Ma così non è stato.
La teoria economica ci dice che per riequilibrare i tassi di cambio l’economia svizzera dovrà contrarsi mentre quella della zona euro dovrà crescere, e fino a quando ciò non avviene la volatilità dei tassi di cambio sarà alta, uno scenario che agli svizzeri sicuramente non piacerà.