I due Paesi iberici rispondono alle accuse del primo ministro greco, che li aveva incolpati di voler sabotare il negoziato tra Atene e i creditori. Il premier spagnolo Mariano Rajoy in una lettera a Consiglio europeo e Commissione contrattacca scrivendo di "non essere responsabile della frustrazione generata dalla sinistra radicale greca che ha promesso ai suoi cittadini qualcosa che sapeva non poter mantenere"
Accuse di complotto, risposte piccate, richieste di chiarimento all’arbitro rappresentato dalle istituzioni europee. Dopo che martedì scorso la Grecia ha ottenuto dall’Eurogruppo e – con molti distinguo – da Bce e Fondo monetario internazionale il via libera all’estensione fino a giugno del programma di assistenza finanziaria scaduto il 28 febbraio, Alexis Tsipras ha avuto parole dure nei confronti dei governi di Madrid e Lisbona, incolpati di aver fatto di tutto per far “finire nel baratro” il negoziato tra Atene e i creditori. Dietro “l’asse” tra i due Paesi, secondo il leader di Syriza, ci sarebbero state “ragioni politiche”: “Il loro piano era ed è indebolirci, rovesciare il nostro governo o costringerlo a una resa incondizionata prima che il nostro lavoro inizi a dare frutti e prima che l’esempio greco influenzi altri paesi, in particolare prima delle elezioni in Spagna”, ha detto Tsipras in un discorso al Comitato centrale del suo partito. Facendo chiaramente riferimento al timore degli esecutivi conservatori di un trionfo del movimento anti austerità Podemos, che più volte ha espresso appoggio ad Atene.
Spagna e Portogallo respingono però al mittente il marchio di infamia a stretto giro di posta. Secondo quando riporta l’agenzia Bloomberg, il premier iberico Mariano Rajoy ha infatti scritto al Consiglio europeo e alla Commissione una lettera in cui chiede che siano loro a rispondere alle accuse. “Spagna e Portogallo hanno votato esattamente come il resto dei paesi europei”, rivendica Rajoy, puntualizzando di “non essere responsabile della frustrazione generata dalla sinistra radicale greca che ha promesso ai suoi cittadini qualcosa che questi sapevano non poter mantenere, come è stato dimostrato”. Una contro accusa che brucerà non poco a Tsipras, che lunedì si appresta a presentare in Parlamento una legge per combattere la crisi umanitaria che stando alle anticipazioni conterrà misure per dare un alloggio a 30mila senzatetto e fornire elettricità gratis e buoni pasto a migliaia di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. Cioè i pochi interventi “sociali” approdati nella lettera con le proposte di riforma inviate dal governo greco a Bruxelles per ottenere la prosecuzione del piano di aiuti.
Nel frattempo il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, a soli due giorni dal voto favorevole del Bundestag all’estensione del programma di assistenza per Atene torna a indossare le vesti del “falco” e, in un’intervista alla Bild am Sonntag avverte: “Non vogliamo una Grexit e siamo solidali, ma non siamo disposti a estorsioni. Nessuno ha costretto la Grecia al programma di aiuti, se non si attiene ai patti non li avrà”. Tsipras e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dovrebbero “abbassare i toni”, auspica poi Schäuble. Quanto all’ipotesi emersa la scorsa settimana che possa rendersi necessario un terzo pacchetto di prestiti da 30 miliardi “lo si vedrà quando sarà finito il secondo programma”, ma in ogni caso, promette il severo braccio destro di Angela Merkel, “fisseremo criteri severi”.