In uno dei corsi della facoltà fondata da Norberto Bobbio dal prossimo anno i nuovi iscritti non studieranno la Costituzione. Un paradosso. Lo denunciano alcuni studenti del corso “Scienze internazionali per lo sviluppo e la cooperazione” dell’Università di Torino: “Da due mesi sappiamo che il professore di diritto costituzionale comparato, che fa capo a giurisprudenza, non insegnerà più in questo corso”, spiega Stefano Lo Russo, rappresentante degli studenti del dipartimento “Culture, politica e società”, quello che – fino alla riforma Gelmini – era la facoltà di Scienze politiche fondata dal filosofo del diritto. “Il problema è che tra pochi giorni il corso di laurea triennale deve chiudere il ‘Regolamento didattico di ateneo’, che contiene tutti gli insegnamenti attivati”, continua. Poi i piani didattici del prossimo anno accademico dovranno essere presentati all’Università e quindi al ministero.
“Da un anno stiamo cercando di trovare una soluzione”, afferma Egidio Dansero, presidente del corso di laurea, che precisa: “Il nuovo piano varrà per chi si iscriverà al prossimo anno accademico, mentre chi è già iscritto continuerà col vecchio piano di studi e noi stiamo facendo di tutto per garantire l’insegnamento”. Tuttavia i motivi del “taglio” del corso di diritto costituzionale comparato sono seri e colpiscono tutta l’università: “Sono gli effetti della riforma Gelmini che ha sostituito le facoltà con i dipartimenti, più ‘monodisciplinari’ delle prime”. Cosa significa? “In pratica i trenta giuristi che erano alla facoltà di scienze politiche sono stati assorbiti dal dipartimento di giurisprudenza”. In questo modo quest’ultima ne è uscita rafforzata, mentre un dipartimento multidisciplinare come “Culture, politica e società” ne è uscito indebolito. A questa situazione poi si aggiungono i tagli alle finanze delle università: “Se la facoltà di scienze politiche aveva un budget di 800mila euro, ora il dipartimento ne ha 100mila”, spiega Franco Garelli, direttore di “Culture, politica e società”. Con quei soldi deve fare fronte all’aumento degli studenti (da 310 a 410 matricole) e alla diminuzione di docenti (da 110 a 100): “Come posso chiedere a un professore di insegnare a centinaia di studenti per decine di ore di fronte a uno stipendio molto basso?”, chiede Dansero.
In questo modo, all’interno di questi paletti, il corso è stato cambiato: “Abbiamo dovuto ristrutturare l’offerta formativa nei vincoli della legge. Non abbiamo eliminato tutti i corsi di diritto, ma siccome ‘in casa’ non abbiamo docenti e abbiamo risorse limitate sui contratti a pagamento, abbiamo dovuto scegliere”, aggiunge il presidente del corso. Restano quindi corsi di diritto internazionale e alcuni altri, mentre diritto costituzionale comparato, che prima valeva 12 crediti, scomparirà e se va bene sarà sostituito da un corso da 3 crediti, per un quarto delle ore di insegnamento. “Cosa facciamo? Studiamo un quarto della Costituzione?” – si chiede Lo Russo per il quale l’insegnamento di questa materia resta fondamentale -. Tolto questo corso quale idea di democrazia avremo? Chiediamo che il nostro dipartimento e quello di giurisprudenza trovino un accordo”.