Scuola

Università, causa tagli la Costituzione non s’insegna più. Neppure a casa di Bobbio

A Torino la riduzione delle risorse fa saltare il corso di Diritto Costituzionale comparato alla facoltà di Scienze politiche, fondata cinquant'anni fa dal filosofo del diritto. Gli studenti protestano, il direttore del Dipartimento: "Il budget ridotto da 800mila a 100mila euro ci costringe a fare delle scelte”

In uno dei corsi della facoltà fondata da Norberto Bobbio dal prossimo anno i nuovi iscritti non studieranno la Costituzione. Un paradosso. Lo denunciano alcuni studenti del corso “Scienze internazionali per lo sviluppo e la cooperazione” dell’Università di Torino: “Da due mesi sappiamo che il professore di diritto costituzionale comparato, che fa capo a giurisprudenza, non insegnerà più in questo corso”, spiega Stefano Lo Russo, rappresentante degli studenti del dipartimento “Culture, politica e società”, quello che – fino alla riforma Gelmini – era la facoltà di Scienze politiche fondata dal filosofo del diritto. “Il problema è che tra pochi giorni il corso di laurea triennale deve chiudere il ‘Regolamento didattico di ateneo’, che contiene tutti gli insegnamenti attivati”, continua. Poi i piani didattici del prossimo anno accademico dovranno essere presentati all’Università e quindi al ministero.

“Da un anno stiamo cercando di trovare una soluzione”, afferma Egidio Dansero, presidente del corso di laurea, che precisa: “Il nuovo piano varrà per chi si iscriverà al prossimo anno accademico, mentre chi è già iscritto continuerà col vecchio piano di studi e noi stiamo facendo di tutto per garantire l’insegnamento”. Tuttavia i motivi del “taglio” del corso di diritto costituzionale comparato sono seri e colpiscono tutta l’università: “Sono gli effetti della riforma Gelmini che ha sostituito le facoltà con i dipartimenti, più ‘monodisciplinari’ delle prime”. Cosa significa? “In pratica i trenta giuristi che erano alla facoltà di scienze politiche sono stati assorbiti dal dipartimento di giurisprudenza”. In questo modo quest’ultima ne è uscita rafforzata, mentre un dipartimento multidisciplinare come “Culture, politica e società” ne è uscito indebolito. A questa situazione poi si aggiungono i tagli alle finanze delle università: “Se la facoltà di scienze politiche aveva un budget di 800mila euro, ora il dipartimento ne ha 100mila”, spiega Franco Garelli, direttore di “Culture, politica e società”. Con quei soldi deve fare fronte all’aumento degli studenti (da 310 a 410 matricole) e alla diminuzione di docenti (da 110 a 100): “Come posso chiedere a un professore di insegnare a centinaia di studenti per decine di ore di fronte a uno stipendio molto basso?”, chiede Dansero.

In questo modo, all’interno di questi paletti, il corso è stato cambiato: “Abbiamo dovuto ristrutturare l’offerta formativa nei vincoli della legge. Non abbiamo eliminato tutti i corsi di diritto, ma siccome ‘in casa’ non abbiamo docenti e abbiamo risorse limitate sui contratti a pagamento, abbiamo dovuto scegliere”, aggiunge il presidente del corso. Restano quindi corsi di diritto internazionale e alcuni altri, mentre diritto costituzionale comparato, che prima valeva 12 crediti, scomparirà e se va bene sarà sostituito da un corso da 3 crediti, per un quarto delle ore di insegnamento. “Cosa facciamo? Studiamo un quarto della Costituzione?” – si chiede Lo Russo per il quale l’insegnamento di questa materia resta fondamentale -. Tolto questo corso quale idea di democrazia avremo? Chiediamo che il nostro dipartimento e quello di giurisprudenza trovino un accordo”.