Il Piano per la banda larga sul tavolo del Consiglio dei Ministri potrebbe trovare approvazione già martedì in una riunione che, secondo le attese, non dovrebbe riservare sorprese. Dentro non trova spazio lo switch off dal rame alla fibra o la scadenza del 2030 temuta da Telecom Italia che basa le garanzie dei suoi debiti miliardari proprio sulla proprietà del doppino in rame, “né niente di tutto questo come un arbitrario spegnimento della rete” perché “abbiamo immaginato un piano per stimolare gli investimenti, non il contrario”. Lo ha fatto sapere da Bruxelles il sottosegretario alle telecomunicazioni Antonello Giacomelli sgombrando il campo dagli allarmismi suscitati dalla levata di scudi pro Telecom e soci nonché, in alcuni casi, anche creditori. Da canto suo il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio si è limitato a confermare che il piano verrà discusso dal Consiglio dei Ministri. La Borsa da parte sua non ha mostrato di credere nemmeno un secondo a “un piano coatto del governo” che secondo gli analisti “è di difficile implementazione”. Piuttosto il mercato ha guardato all’interesse di Orange per Telecom Italia, annunciato dallo stesso ad del gruppo francese Stephane Richard. Nonostante Telecom abbia smentito contatti restano le parole del manager che con un tempismo perfetto come spesso accade quando c’è di mezzo l’ex monopolista della telefonia italiana, da Barcellona, dove è in corso il Mobile World Congress, ha definito “un affare molto interessante” l’ipotetica unione tra i due gruppi. Il titolo della società italiana ha così guadagnato l’1,31% a 1,08 euro.
Tornando sul tema dell’Agenda Digitale e ai progetti del governo Renzi, il direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), Alessandra Poggiani sottolinea come “i piani su banda ultralarga e crescita digitale sono stati in consultazione due mesi, negli ultimi giorni è stato inserito quello che è emerso, con l’obiettivo di far recuperare il ritardo accumulato dall’Italia su bada larga, capacità di connettività e uso della rete internet”. Quindi “mi pare sia utile avere due piani, uno per la domanda e uno per l’offerta. Piani, sinergici con tempi e risorse certe; che tracciano per la prima volta delle scadenze a sette anni, con degli obiettivi fissati al 2020 e milestone intermedie”, ha aggiunto.
A farsi portavoce degli operatori è poi intervenuto Alberto Calcagno, ad di Fastweb, puntualizzando che saranno le aziende a decidere con quali tecnologie realizzare quegli obiettivi. ”Abbiamo detto in tutte le sedi di consultazione che gli obiettivi del governo sono del tutto condivisibili, ma gli standard tecnologici con cui raggiungerli devono essere lasciati alle scelte industriali delle aziende”, ha detto. Mentre l’Asati, l’associazione dei piccoli azionisti Telecom, è tornata a insistere perché lo Stato dia una mano a Telecom attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, la società che gestisce i risparmi postali degli italiani e che dovrebbe “intervenire direttamente nel capitale di Telecom con regole di governance che impegnino la società al rispetto di piani di investimento condivisi”.