Una bomba è esplosa nel centro del Cairo, davanti al palazzo dell’Alta Corte, in via Ramses, vicino a piazza Tahrir, provocando 11 feriti, tra i quali passanti, ufficiali ed agenti di polizia. La bomba, non troppo potente e di fattura rudimentale, oltre a ferire poliziotti a passanti – le prime informazioni, poi smentite, parlavano di due morti – ha danneggiato alcune auto, in una delle zone delle città teoricamente più protette perché raccoglie sedi del sindacato dei giornalisti, dell’ordine degli avvocati e di altre istituzioni.
A rivendicare l’attentato con un tweet è stato un gruppo che si ritiene sia vicino alla Fratellanza Musulmana, ‘La Punizione Rivoluzionaria‘, e che però testimonierebbe una pratica della violenza che i Fratelli hanno sempre dichiarato ufficialmente di respingere. Una dichiarazione contraddetta anche da un comunicato di qualche settimana fa, letto sugli schermi di ‘Rabaa Tv’, emittente del movimento “delle quattro dita” nato tra i sostenitori del deposto presidente fratello Musulmano Mohamed Morsi dopo il massacro del 14 agosto 2013 in due piazze del Cairo, gremite di sostenitori della Fratellanza. Nel comunicato letto in tv si fissavano scadenze perché stranieri di vari ambienti, dai giornalisti ai diplomatici, agli industriali lasciassero il paese entro la fine di febbraio, minacciando ‘punizionì per chi non partiva.
Dalla metà del 2013 l’Egitto ha conosciuto un’escalation di violenze e di attacchi a caserme, stazioni di polizia, ma anche istituzioni come la sede dei servizi di sicurezza, che ha provocato anche la parziale distruzione del prezioso museo islamico, e con la morte di centinaia di agenti e soldati. E nonostante le dichiarazioni di non violenza – peraltro sempre ripetute dalla Fratellanza – il governo in carica ed il presidente della repubblica, l’ex generale Abdel Fattah Al Sisi, hanno avviato un’accanita repressione del movimento e dei loro sostenitori, dichiarandoli terroristi ed arrestandone in gran numero, con processi spesso conclusisi con condanne a morte, finora mai eseguite.
Di una vera e propria ‘strategia del terrore‘ scrivono i quotidiani egiziani secondo i quali obiettivi di chi mette bombe e compie attentati, oramai numerosissimi anche se non sempre devastanti, sono quelli di indebolire le forze di polizia, il cui addestramento non è evidentemente così efficiente da impedire una bomba nel centro della capitale, e di terrorizzare i cittadini. Sia in vista di prossime elezioni del parlamento – previste alla fine di marzo ma rinviate per un articolo della legge elettorale dichiarato incostituzionale – sia di una grossa conferenza economica che le autorità egiziane hanno convocato con rappresentanti ed investitori di vari paesi stranieri, sempre per la fine di marzo.