In Parlamento, il partito è stato un alfiere della norma che fa decadere gli amministratori locali anche solo dopo una condanna in primo grado. Ma per lo Statuto, il sindaco di Salerno ha potuto correre (e vincere) con una sentenza di colpevolezza per abuso d'ufficio. E ora? La patatata bollente passa al Nazareno
Anche stavolta il Pd non è d’accordo con se stesso. Che figura fa il Nazareno che fa approvare in Parlamento la legge Severino e ne fa il fiore all’occhiello della sua azione per la legalità nelle pubbliche amministrazioni, ne chiede un’intransigente applicazione giuridica e politica quando riguarda l’avversario Luigi de Magistris, bombardandolo di inviti a dimettersi da sindaco di Napoli, e poi si appresta a candidare a Governatore della Campania Vincenzo De Luca, che in base alla Severino verrebbe sospeso subito dopo l’insediamento in carica?
Scenari ai confini della realtà. Non ci sono precedenti. Su alcuni articoli della Severino pende un dubbio di legittimità costituzionale che ha consentito il reintegro di de Magistris e di De Luca a Napoli e a Salerno (poi De Luca è stato dichiarato decaduto da sindaco per l’incompatibilità col ruolo di viceministro, ma questa è un’altra storia). Cronisti, costituzionalisti e analisti vanno a tentoni. La politica annaspa, è in ritardo. Ha dimostrato di essere incapace di affrontare di petto la questione De Luca. Lui ha ritenuto di non ritirarsi. Statuto e regolamento delle primarie Pd sono stati scritti prima dell’entrata in vigore della Severino. Statuto e regolamento del Pd non ricomprendono l’abuso d’ufficio, il reato per il quale il 21 gennaio è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione, tra quelli ostativi a una candidatura. “Ci stiamo muovendo e ci muoveremo nel rispetto delle regole” ripeteva De Luca come un mantra a chi gli sottoponeva il problema.
Aveva ragione. Regole sbagliate, ma quelle erano. E nel Pd romano e campano nessuno ha avuto la forza e il coraggio di cambiarle a partita iniziata. Confidando nella ‘moral suasion’ degli ambasciatori di Matteo Renzi, Lorenzo Guerini e Luca Lotti: i continui rinvii della data delle primarie, previste inizialmente il 14 dicembre, 38 giorni prima della sentenza di condanna, dovevano servire agli sherpa del Nazareno per convincere De Luca a fare un passo indietro senza traumi. I primi rinvii – 11 gennaio e poi 1 febbraio – erano motivati dall’impedire di svolgerle prima del 21 gennaio, proprio nel timore che incoronassero un cavallo pronto ad essere azzoppato dalla Severino. Quelli successivi – 22 febbraio e 1 marzo – per continuare a discutere con De Luca e coltivare una terza via. “Ci muoveremo nel rispetto delle regole”. Una delle regole dello Statuto Pd prevede il superamento delle primarie se l’assemblea regionale del partito raggiunge il 60% dei consensi su un nome. In Piemonte Sergio Chiamparino è stato candidato senza passare per i gazebo. In Campania i capicorrente Pd si sono scannati alla ricerca di un candidato presentabile alla pubblica opinione e che li garantisse al momento della spartizione degli assessorati. Hanno bruciato profili e curriculum di persone per bene, come il presidente del Cnr Luigi Nicolais, che già rilasciava interviste da Governatore in pectore. Il cerino è girato di mano in mano. E si è spento.
Le primarie De Luca-Cozzolino hanno inoltre certificato l’incapacità del Pd campano di produrre una classe dirigente di 40enni all’altezza del compito, capaci di emanciparsi dallo status di ‘cooptati’. La Fonderia di Pina Picierno si è rivelata un flop. La segretaria campana Assunta Tartaglione, classe 1970, si è limitata a svolgere un ruolo notarile. E’ stata messa lì dall’area Dem, dai Casillo, una potentissima famiglia politica ex democristiana e demitiana che si è tramandata lo scranno in consiglio regionale di padre in figlio. Tartaglione non ha avuto la forza o la voglia di opporsi ai desiderata dei suoi grandi elettori interni.
E ora? De Luca ha vinto, ma siamo certi che poi verrà candidato? La palla rimbalza alla nomenclatura del Nazareno. Da oggi ricominciano le trattative sotterranee. Il terzo tempo. A Roma lo sanno bene che De Luca è candidabile, ma in caso di vittoria verrebbe sospeso. E’ un condannato in primo grado per abuso d’ufficio, si applica la Severino (per i parlamentari scatta invece soltanto dopo la condanna definitiva, vedi caso Berlusconi, ndr). Una legge che secondo il presidente dell’Anci Piero Fassino “rischia di penalizzare anche gli amministratori che agiscono in assoluta onestà e buona fede”. Parole pronunciate il giorno dopo la condanna di De Luca e il suo appello: “Mi auguro che questa vicenda sia assunta sul piano nazionale, in primo luogo dal Pd, come l’occasione per una grande battaglia a difesa delle persone perbene e degli amministratori che dedicano una vita al bene pubblico, ma sono costretti a vivere un calvario. Mi auguro che l’Anci decida di esistere a tutela della dignità di amministratori che, pur non rubando, non disamministrando e mantenendo un rigore spartano, sono carne da macello nell’indifferenza generale. In queste condizioni, ben presto non ci sarà più nessuna persona perbene disponibile ad assumere responsabilità pubbliche, ma avremo soltanto o delinquenti o ignavi”.
Certo, il ricorso al Tar e il precedente de Magistris consentirebbero a De Luca di ottenere una sospensiva e il reintegro in carica. Roba di pochi giorni, ma c’è un’ulteriore cavillo che fa tremare i deluchiani. C’è chi sostiene che al contrario dei comuni, dove la sospensione del sindaco non comporta lo scioglimento dell’amministrazione che continua a essere guidata dal vicesindaco, nelle regioni la sospensione del Governatore determina lo scioglimento immediato del consiglio. Ma non ci sono precedenti. Non c’è giurisprudenza. C’è solo tanta confusione. E la sconfitta della politica.